CATANIA – Portati dentro da detenuti al rientro da permessi premio o nascosti da visitatori in involucri di patatine, pannolini per bambini, succhi di frutta poi cestinati in appositi contenitori dei rifiuti da dove venivano successivamente ‘recuperati’. Entravano così droga e telefonini nel carcere di Augusta, nel Siracusano, secondo l’inchiesta ‘Alcatraz’ della Dda della Procura di Catania che ritiene di avere sgominato un’organizzazione dedita al traffico di hashish nell’istituto penitenziario con l’arresto di undici persone. Nei confronti degli indagati il gip ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per nove di loro e agli arresti domiciliari per altri due. Il provvedimento restrittivo è stato eseguito da Guardia di finanza e Polizia penitenziaria in Sicilia, Calabria e Friuli Venezia Giulia.[fvplayer id=”730″]
L’indagine, coordinata dalla Dda etnea e condotta dal Gico del nucleo di Polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Catania e dal nucleo Investigativo regionale di Palermo della Polizia penitenziaria, è stata avviata dopo le dichiarazioni di alcuni detenuti nel carcere di Augusta. Gli accertamenti avviati, che si sono avvalsi di attività tecniche e servizi di pedinamento, osservazione e controllo, hanno consentito di individuare risalire all’organizzazione che gestiva il traffico di droga, portandola e spacciandola in prigione.
Secondo la tesi della Procura di Catania, “il sodalizio sarebbe stato promosso, organizzato e coordinato dai detenuti Andrea Marino e Ignazio Ferrante”. Il primo, sostiene l’accusa, “avrebbe impartito dal carcere direttive” a dei complici liberi su “quantitativi, tipologia, prezzi e modalità di pagamento della droga, coordinando le successive fasi di introduzione clandestina e cessione ad altri detenuti”. Il secondo, invece, “avrebbe curato l’approvvigionamento, il confezionamento, il trasporto e l’ingresso dello stupefacente” in carcere grazie alla collaborazione di altri sei complici. A recuperare la droga e i telefonini dai rifiuti in carcere era Ignazio Ferrante, grazie alla sua mansione di addetto alle pulizie, consegnando l’hashish a Marino e Misia.
La sostanza stupefacente fatta entrare illegalmente in carcere avrebbe alimentato un mercato interno a favore di ‘clienti-detenuti’ interessati all’acquisto, con tanto di tariffario completo e aggiornato che variava a seconda della qualità della droga e del grado di conoscenza dell’acquirente. Dalle indagini è emerso che di norma il prezzo di un panetto di hashish si sarebbe aggirato intorno a 1.500-2.000 euro. Il pagamento sarebbe stato assicurato attraverso accreditamenti su diverse carte Postepay nella disponibilità di complici in stato di libertà: Clotilde Maranzano, Valentina Romito, rispettivamente madre e compagna di Ignazio Ferrante, e Angela Palazzotto, compagna di Andrea Marino. I due uomini, detenuti, sono accusati di essere i promotori e l’organizzatori del traffico di droga. Le tre donne, invece, sono accusate di essere le addette alla gestione della cassa e alla tenuta della contabilità del denaro.
La diversificazione delle carte da ricaricare a titolo di pagamento, ricostruisce la Dda di Catania, sarebbe stata finalizzata anche a evitare incongruenze tra l’esiguo Isee dichiarato e il giro di denaro gestito, visto che alcuni degli indagati erano anche percettori del reddito di cittadinanza. Durante le indagini sono state arrestate in flagranza di reato tre persone per spaccio di sostanze stupefacenti e sono stati sequestrati, in più momenti, 15 panetti di hashish e diversi telefonini cellulari. Sono state inoltre individuate specifiche responsabilità a carico di altri indagati che avrebbero, a vario titolo, preso parte all’attività illegale.
“L’attività criminosa sarebbe stata resa possibile dall’utilizzo di telefoni cellulari illegalmente introdotti, dotati di sim intestate a soggetti inesistenti, i quali costituivano lo strumento fondamentale per le quotidiane comunicazioni con l’esterno”, scrive la Dda della Procura di Catania. Nei confronti di nove indagati il gip ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Sono: Ignazio Ferrante, di 39 anni, Michele Ferrante, di 60, Andrea Marino, di 46, Domenico Misia, di 36, Giuseppe Misia, di 25, Angela Palazzotto, di 48, Valentina Romito, di 32, Andrea Scafidi, di 32, e Carmelo Valentino, di 52. Il provvedimento restrittivo dispone gli arresti domiciliari per due indagati: Giuseppe Arduo, di 26 anni, e Clotilde Maranzano, di 61.