PALERMO – Nel processo per l’alluvione di Casteldaccia del 3 novembre del 2018 in cui morirono dentro una villetta abusiva nove persone sono stati condannati a tre anni di reclusione e cinque anni di interdizione dai pubblici uffici il sindaco di Casteldaccia, Giovanni Di Giacinto, l’architetto Maria De Nembo e il proprietario della villetta Antonino Pace. I danni saranno liquidati in separata sede, ma il tribunale ha disposto una provvisionale di 100.000 euro in favore di Luca Rugho e altrettanto per Giuseppe Giordano che nella tragedia persero diversi parenti. Il tribunale ha deciso provvisionali da 50 a 30 mila euro per le altre parti civili rappresentate dagli avvocati Barbara Mistretta, Maria Valentina Morgana e Anthony De Lisi.
Doveva essere una gran festa, in occasione del ponte per tutti i santi ed è finita in tragedia. Gli imputati erano accusati di omicidio colposo. Durante il processo erano state archiviate diverse posizioni come per l’ex sindaco dal 2013 al 2018 Fabio Spatafora, e i dipendenti comunali Rosalba Buglino, Alfio Tornese e Michele Cara Pitissi, tutti e tre dell’ufficio comunale con competenze in materia di sanatoria o condono edilizio. Archiviazione anche per Concetta Scurria, moglie di Pace, proprietario dell’abitazione.
Quel giorno era prevista un’allerta rossa e la villetta fu invasa da una massa di acqua e fango che non lasciò scampo ai nove componenti del nucleo familiare in contrada Dagali di Cavallaro. L’indagine condotta dai carabinieri è stata coordinata dal procuratore capo di Termini Imerese Ambrogio Cartosio e dai sostituti Luisa Vittoria Campanile e Carmela Romano. Si salvarono solo in quattro: Giuseppe Giordano, commerciante di moto che aveva affittato quella villetta vicino al fiume Milicia e che si aggrappò a un albero; il cognato Luca Rugho e le loro due figlie di 11 e 12 anni che erano andate con lo zio a comprare i dolci. Quella villetta risultò abusiva e con un provvedimento di demolizione dopo l’alluvione del 2009. Ma nessuno fece niente.