PALERMO – E’ stata minacciata per strada da un uomo che l’ha affiancata in monopattino, col volto coperto, la professoressa che ha denunciato la preside antimafia Daniela Lo Verde, ai domiciliari per corruzione e peculato. Arresti confermati proprio oggi dal tribunale del riesame di Palermo con una decisione arrivata in tempi record, a poche ore dalla discussione delle parti, che accoglie l’istanza della Procura europea e rigetta la richiesta di revoca della misura.
L’insegnante minacciata, prima in servizio alla scuola Falcone e poi trasferita, con le sue rivelazioni ha dato input all’inchiesta. Dopo la notizia dell’esecuzione della misura cautelare a carico della Lo Verde e del suo vice Daniele Agosta sono molti gli insegnanti che hanno confermato ai pm della Procura europea le irregolarità commesse dai due indagati che, tra l’altro, razziavano la mensa scolastica e si impossessavano dei dispositivi elettronici destinati ai ragazzi.
Non solo: arrivano nuove accuse ad aggravare la posizione della preside: avrebbe nominato la figlia responsabile del trattamento dei dati personali della scuola e avrebbe fatto iscrivere falsamente all’istituto Falcone dello Zen una parente disabile e la figlia del suo vice – che in realtà non avrebbero mai frequentato – per aumentare il numero degli studenti e avere più finanziamenti.
L’inchiesta è nata dalla denuncia ai carabinieri dell’ex professoressa che ha raccontato agli inquirenti di una “gestione dispotica della cosa pubblica da parte dell’indagata”, ha scritto il gip nella misura cautelare, gestione che era impossibile contrastare salvo correre il rischio di ritorsioni. L’insegnante ha descritto la dirigente come “avvezza alla violazione delle regole”: da quelle sull’emergenza sanitaria a quelle dei finanziamenti europei. I progetti scolastici, tutti approvati all’unanimità, secondo la donna non venivano attuati in modo diligente e tra le docenti era frequente la prassi di raccogliere ex post, e non durante lo svolgimento delle attività, le firme dei ragazzi coinvolti. Questo perché ai progetti affidati alla scuola Falcone in realtà gli alunni non partecipavano o partecipavano in numero ridotto e dipendendo dal numero degli studenti partecipanti l’ammontare dei fondi ricevuti, si rischiava di perdere il denaro.