CATANIA – Il gip di Catania, Simona Ragazzi, ha disposto la sospensione dall’esercizio di pubblici uffici e servizi per un anno di sei indagati nell’ambito di un’inchiesta della Procura etnea sulla sanità. Tra loro gli ex assessori della Regione Siciliana della Salute, Ruggero Razza, e del Lavoro, Antonio Scavone. Tra i destinatari del provvedimento anche il presidente dell’ordine dei medici di Catania, Ignazio ‘Igo’ La Mantia, e Filippo Di Piazza, Giuseppe Di Rosa e Rosalia Maria Leonardi. La stessa misura cautelare, ma della durata di otto mesi, è stata emessa nei confronti di Alberto Bianchi e Calogero Grillo. Razza (FdI) e Scavone (Mpa) sono indagati per turbata libertà di scelta del contraente per la nomina di due professionisti per altrettanti progetti; a La Mantia è contestata la turbata libertà degli incanti per aver favorito un candidato a un concorso a dirigente all’Ordine etneo. Al centro delle indagini dei militari del nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Catania incarichi nell’ambito di progetti finanziati e approvati dall’assessorato alla Salute della Regione siciliana attribuiti a ‘predestinati’ o a dei congiunti attraverso bandi predisposti ad hoc ed esami pilotati nel concorso per la nomina a direttore amministrativo dell’Ordine dei medici di Catania.
LE ACCUSE. Nel provvedimento, emesso nell’ambito dell’operazione denominata ‘Psn’, il gip, accogliendo la richiesta della Procura, ha ravvisato come “stringenti e attuali le esigenze cautelari, potendo gli stessi tornare a rivestire o continuare a ricoprire funzioni e ruoli nella pubblica amministrazione nelle procedure concorsuali universitarie, nell’ambito della sanità pubblica, nella direzione di ordini professionali e nella compagine di governo di enti partecipati dalle pubbliche amministrazioni”. In particolare, Bianchi e Grillo, contesta la Procura “non avrebbero attivato i loro poteri di controllo della legalità formale e sostanziale delle procedure cui partecipavano in ruoli di rilievo, allo stesso modo, parimenti grave è il concorso alle turbative nell’attribuzione degli incarichi nei progetti Carie osas e Cardio da parte di Leonardi”. La sospensione minore, di otto mesi e non di un anno, sarebbe legata al “ruolo meno centrale che essi avrebbero svolto nei fatti e in ragione di un minore disvalore espresso dalle condotte loro addebitate”.
Secondo l’accusa Di Rosa, Di Piazza e La Mantia “avrebbero concorso nell’alterazione della procedura concorsuale per l’incarico di dirigente amministrativo dell’Ordine dei Medici di Catania in favore di Missale”. Secondo la Procura, in particolare Di Rosa e Di Piazza, “si sarebbero prestati perfino a consegnare le tracce delle prove scritte e le domande di quelle orali al candidato predestinato”. Per l’accusa, invece, Razza avrebbe “favorito la designazione di un esperto in elaborazione report e studi per conto dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri di Palermo nel progetto denominato “Osas Catania – Sentinelle della prevenzione”; Scavone “l’assegnazione a una persona a lui vicina di un incarico a tempo determinato come “amministrativo” nell’ambito del progetto “Centro Cardio Hub e Spoke – modello di prevenzione e riabilitazione” presentato dall’azienda ospedaliera Garibaldi di Catania”.
NELL’INCHIESTA IN QUATTRO AI DOMICILIARI. Nell’ambito di questa inchiesta il 29 aprile scorso i carabinieri del comando provinciale hanno posto agli arresti domiciliari quattro indagati: Giuseppe Arcidiacono, 65 anni, dirigente medico dell’Arnas Garibaldi di Catania, esponente di FdI che si era candidato a sindaco di Catania, poi ritiratosi per appoggiare Enrico Trantino, sostenuto da tutto il centrodestra; Nunzio Ezio Campagna, 61 anni; Sebastiano Felice Agatino Ferlito, di 69, e un ex funzionario amministrativo dell’università di Catania, Gesualdo Antonino Missale, di 52. Sono indagati per turbata libertà degli incanti e del procedimento di scelta del contraente e corruzione per atti contrari al proprio dovere. Al centro dell’inchiesta un’indagine dei militari del nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Catania. Al centro delle indagini incarichi nell’ambito di progetti finanziati e approvati dall’assessorato alla Salute della Regione siciliana attribuiti a ‘predestinati’ o a dei congiunti attraverso bandi predisposti ad hoc ed esami pilotati nel concorso per la nomina a direttore amministrativo dell’Ordine dei medici di Catania.
IL COMMENTO DI RAZZA. “La decisione del Gip di Catania di sospendermi dall’assunzione di pubblici uffici, ancorché io non ne rivesta e, quindi, nella eventualità che ciò possa accadere nel futuro, è coerente con le valutazioni che lo stesso giudice ha compiuto, sul medesimo capo d’imputazione che mi riguarda, pochi giorni addietro con riferimento alla posizione di altri indagati. In questo senso, per chi svolge la professione di avvocato penalista, la decisione non è inattesa”, ha commentato Ruggero Razza. “Lo stesso Gip, peraltro – aggiunge Razza – pur rimarcando il proprio convincimento, evidenzia che si è di fronte a una valutazione che assume rilevanza sulla sussistenza dell’ipotesi di reato contestata ‘almeno in termini di gravità indiziaria’ e, quindi, resta intatta la possibilità di ulteriormente chiarire ogni aspetto nel prosieguo: a tal fine, nei termini di legge presenterò l’appello al Tribunale delle Libertà”.
“Tuttavia – osserva l’ex assessore regionale – va detto che devo difendermi dall’accusa di aver ‘turbato’ la formazione del bando per una procedura di selezione che ha avuto quale unico requisito la laurea triennale, potenzialmente detenuto da migliaia e migliaia di persone. Una selezione che non ha tenuto in considerazione il curriculum del candidato, non prevedendo requisiti specifici che nello stesso erano rinvenibili. Una selezione che ha previsto una griglia di valutazione da parte della commissione, nella quale chiunque avesse partecipato con titoli più ampli avrebbe potuto correttamente prevalere. Non mi addentro in altro perché ho grande rispetto dell’attività giudiziaria e penso che non ci si debba difendere sui giornali, ma nelle sedi opportune”.
“Dalla cessazione del mio incarico, lo scorso anno, mi sono dedicato esclusivamente all’attività professionale (sulla quale non incide la sospensione comminata) e mi ero persino dimesso il 30 marzo dall’ultimo impegno (a titolo gratuito) che avevo mantenuto. Ma, avendo ricoperto ruoli istituzionali, amministrando senza macchia decine di miliardi di euro, ritengo sia doveroso rendere conto di un’accusa: se per turbare una procedura serve prevedere requisiti stringenti che alterino la libera concorrenza, quella di cui vengo chiamato a rispondere non è stata una procedura limitativa della libertà di contrarre della pubblica amministrazione e calibrata sulla personalità di un partecipante. Il resto – chiosa Razza – come sempre, verrà con il tempo e non si deve mai aver timore della giustizia, ma affrontare con impegno i mesi che verranno, nel pieno rispetto del lavoro di tutti i magistrati impegnati in questa vicenda”.