Aspirava a quella leggerezza che allontana dalla terra Milan Kundera che è riuscito a compiere il miracolo di rendere più aerei anche temi di una certa pesantezza. Lo scrittore, morto a 94 anni a Parigi, che da molti anni si era ritirato dalla scena letteraria, è per tutti l’autore del capolavoro ‘L’insostenibile leggerezza dell’essere’, clamoroso successo uscito in Francia nel 1984 che raccontava le avventure di quattro artisti e intellettuali, spiriti liberi nella Cecoslovacchia del 1968, al tramonto della Primavera di Praga, diventato un film di Philippe Kaufman e Jean-Claude Carrière con Daniel Day-Lewis nel ruolo di Tomáš e Juliette Binoche in quello di Tereza. Quando il libro venne pubblicato in Italia, nel 1985 per Adelphi, Kundera era quasi sconosciuto nel nostro Paese, benché fossero usciti già suoi libri per Bompiani e Mondadori e diventò subito un autore di culto. Prima di esplodere come autore era stato direttore della collana praghese delle Edizioni E/O di Roma.
Dal 1985 a oggi sono all’incirca 3.700.000 le copie vendute dei libri di Kundera in Italia da Adelphi. Più volte candidato al premio Nobel per la Letteratura, entrato a far parte come Proust, Balzac e Moliere, della Biblioteque de la Pleiade di Gallimard, la più prestigiosa collana editoriale francese e tra le più note al mondo, Kundera, nato a Brno il 1° aprile del 1929, era figlio di un pianista, amava la musica e il jazz. Aveva esordito come poeta per passare poi alla prosa. Il suo primo romanzo ‘Lo scherzo’, in cui ricostruiva la realtà cecoslovacca del secondo dopoguerra, era uscito nel 1967. Dopo aver partecipato alla Primavera di Praga si era rifugiato in Francia nel 1975 e aveva scelto Parigi come sua città dove ha sempre vissuto con l’adorata moglie Vera Hrabanková con la quale è sempre stato lontano dalla mondanità, avvolgendosi nel silenzio. La sua ultima apparizione pubblica risaliva a gennaio 1984, quando fu ospite di Apostrophes, la trasmissione di Bernard Pivot. Nel 1979, in seguito della pubblicazione de ‘Il libro del riso e dell’oblio’, gli fu revocata la cittadinanza cecoslovacca ma nel 1981, grazie al presidente francese Francois Mitterrand, ottenne quella francese.
Le sue opere sono state proibite in Cecoslovacchia e i suoi romanzi più recenti sono stati pubblicati solo in lingua francese. I suoi libri, soprattutto quelli del cosiddetto periodo francese, hanno tutti uno stile filosofico unito alla capacità di parlarci di temi apparentemente effimeri come ‘La festa dell’insignificanza’ in cui Alain si interroga su quale significato possa avere veder concentrata la seduzione femminile nell’ombelico. In parallelo con la sua attività di narratore, dove spiccano anche ‘Il valzer degli addii’ e ‘La vita è altrove’, le riflessioni sul senso e l’arte della letteratura in libri come ‘L’arte del romanzo’ e ‘Il sipario’. I suoi punti di riferimento erano autori come Cervantes, Rabelais, Goethe e Joyce di cui qualcosa vive anche nei suoi scritti.
Il romanzo era per Kundera ”l’ultimo osservatorio dal quale si possa abbracciare la vita umana nel suo insieme” e la sua decadenza era vista come un segno grave per la nostra società. ”Di fronte a quell’ineluttabile sconfitta che chiamiamo vita, non ci resta che cerare di comprenderla. In questo risiede la ragion d’essere dell’arte del romanzo” diceva lo scrittore. E ancora “L’Europa nella quale viviamo non cerca più la sua identità nello specchio della filosofia e delle arti. Ma allora, dov’è lo specchio? Dove trovare il nostro volto?”. Preziosa e illuminante appare la “visione centroeuropea del mondo” proposta nell’ultimo libro pubblicato in Italia da Adelphi nel 2022, ‘Un Occidente prigioniero’. Accusato di essere stato un informatore del regime comunista negli anni Cinquanta, è diventato poi cittadino onorario di Brno in Moravia nel 2009. Soltanto nel 2006 ‘L’insostenibile leggerezza dell’essere’ fu pubblicato in Cecoslovacchia e agli editori cechi Kundera ha permesso di pubblicare solo i romanzi da lui scritti fino al 1990.