ROMA – Aumenti mensili tra i 124 euro per i docenti e i 190 euro per i direttori dei servizi generali a amministrativi: si è concluda la trattativa per il rinnovo del contratto per il comparto dell’istruzione e della ricerca relativo al periodo 2019-2021, che riguarda 1,2 milioni di dipendenti. “Si tratta – dice il ministro della pubblica amministrazione Paolo Zangrillo – di un passo fondamentale per il miglioramento delle condizioni di lavoro in un settore cruciale per la crescita del Paese”. Novità di rilievo è l’introduzione del lavoro agile, che viene regolamentato anche per questo comparto. L’accordo di oggi “prosegue l’impegno per i rinnovi contrattuali avviato lo scorso autunno con la firma sui contratti di 2,2 milioni di dipendenti” sottolinea ancora Zangrillo guardando “con fiducia a una nuova stagione di confronto”. “Abbiamo un primo appuntamento, a settembre, con la Nadef: incontrerò il ministro Giorgetti per comprendere il perimetro finanziario entro il quale potremo muoverci. L’attenzione verso il lavoro pubblico, centrale nell’agenda del governo, è massima, ma ricordo – aggiunge il titolare della pubblica amministrazione – che per chiudere l’ultima tornata contrattuale ci sono volute quattro leggi di bilancio. In quella del 2023 non c’erano risorse, perché era urgente sostenere imprese e famiglie in difficoltà a causa del caro energia e dell’aumento dell’inflazione”. Ora, conclude, “la buona notizia è che l’Italia si sta comportando bene, come evidenziano i principali indicatori economici, ma serve ancora responsabilità: mi batterò per ribadire le ragioni della necessità di dare attenzione al tema retributivo, guardando però al futuro tenendo i piedi ben saldi a terra”.
Sindacati divisi. La Cisl firma, la Uil no. “Un risultato importante, che consente di puntare ora l’attenzione sul rinnovo del triennio già in corso”, ha detto la segretaria della Cisl Scuola Ivana Barbacci parlando di “un grande lavoro di negoziazione, equilibrio e coerenza per rispondere alle aspettative di tutto il personale”. “Come sempre – aggiunge – ci sono momenti nei quali, in una trattativa complessa perché a più voci e rivolta a un comparto estremamente articolato in ogni settore, occorre far prevalere la capacità di mediazione tra attese diverse e non soltanto le proprie esigenze di immagine: uno stile al quale ancora una volta si è attenuta in modo scrupoloso nel suo operato la delegazione Cisl Scuola, Università e Ricerca”. “Chi vuole e sa guardare al risultato nel suo complesso – conclude – può rendersi conto di quanto sia stato positivo il lavoro compiuto, nell’interesse di tutto il comparto e di ciascuno dei tanti profili che lo compongono, tutti meritevoli di attenzione, mai da considerare o peggio ancora da porre in conflitto l’uno contro l’altro”.
Diversa la posizione della Uil. “Il nodo politico sulla mobilità, la mancata valorizzazione del personale Ata, la precarizzazione del lavoro delle segreterie, l’assenza di riferimenti alle scuole italiane all’estero e la parte dedicata alle relazioni sindacali, che non convince. Abbiamo lavorato fino all’ultimo momento, in tutti i modi, per introdurre modifiche nelle parti che riteniamo lesive dei diritti del personale – spiega il segretario Giuseppe D’Aprile – I contratti nazionali di lavoro si sottoscrivono perché sono migliorativi rispetto al testo precedente e non è questo il caso. È stata una decisione difficile presa insieme alla nostra confederazione e ai nostri quadri sindacali, ascoltando come sempre i lavoratori della scuola, quelli che la fanno funzionare tutti i giorni”. Secondo la Uil nel contratto “restano molte questioni aperte e non risolte e resta il nodo politico della mobilità”. Inoltre, “vengono implementate ulteriormente le mansioni di tutto il personale Ata: una inaccettabile ulteriore attribuzione di ruoli per cui i collaboratori scolastici, gli assistenti amministrativi e i Dsga saranno soggetti ad ogni tipo di lavoro con riferimenti generici alla formazione senza che essa venga imputata a carico dell’amministrazione”. Il tutto, conclude la Uil, “in cambio di una irrisoria valorizzazione economica che assolutamente non trova riscontro con i carichi di responsabilità e di lavoro del personale, falcidiato negli anni passati da politiche di tagli lineari e non razionali”.