PALERMO – La premier Giorgia Meloni è arrivata nella caserma Lungaro per la cerimonia in memoria dei cinque agenti di scorta assassinati nella strage di via D’Amelio, dove 31 anni fa fu ucciso il giudice Paolo Borsellino. L’ingresso non è consentito ai giornalisti come comunicato ieri sera dalla questura. Dopo un saluto con il capo della polizia Vittorio Pisani, la premier ha avuto un incontro e un colloquio con Manfredi Borsellino, poliziotto e figlio del giudice Paolo. Quindi ha deposto una corona d’alloro per i caduti nelle stragi di mafia, fermandosi per un colloquio con i familiari. Poi la presidente del Consiglio si è spostata al cimitero di Santa Maria di Gesù, per rendere omaggio alla tomba della famiglia Borsellino. Subito si è recata in prefettura per presiedere il Comitato per l’ordine e la sicurezza.
“Chi fa queste polemiche non aiuta le istituzioni. Mi ha stupito quello che ho letto sui quotidiani: una polemica inventata sul fatto che avrei scelto di non partecipare alla manifestazione per paura di essere contestata – ha detto la premier -. Chi mi può contestare? La mafia? La mafia può contestare un governo che ha fatto tutto quello che andava fatto sul contrasto alla criminalità organizzata. Ma io non sono mai scappata in tutta la mia vita. Io sono un persona che si permette sempre di camminare a testa alta. Sono qui oggi e sarò qui sempre per combattere la mafia”.
“Siamo convinti che la battaglia contro la mafia si possa vincere. Lo Stato ha inferto in questi mesi colpi importantissimi contro la criminalità organizzata e sono stata colpita dal fatto che si mette n discussione anche questo. Perché c’è un tema sul quale le istituzioni non dovrebbero dividersi e ci sono giorni nei quali non si dovrebbero fare polemiche sterili e inventate che fanno bene solo a quelli che stiamo combattendo”, ha detto ancora Meloni.
IL MESSAGGIO DI MATTARELLA. “Nell’anniversario della strage di via D’Amelio la Repubblica si inchina alla memoria di Paolo Borsellino, magistrato di straordinario valore e coraggio, e degli agenti della sua scorta – Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina – che con lui morirono nel servizio alle istituzioni democratiche”, scrive il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella in una dichiarazione aggiungendo che “quel barbaro eccidio, compiuto con disumana ferocia, colpì l’intero popolo italiano e resta incancellabile nella coscienza civile”. “Il nome di Paolo Borsellino, al pari di quello di Giovanni Falcone, mantiene inalterabile forza di richiamo ed è legato ai successi investigativi e processuali che misero allo scoperto per la prima volta l’organizzazione mafiosa e ancor di più è connesso al moto di dignità con cui la comunità nazionale reagì per liberare il Paese dal giogo oppressivo delle mafie. Loro avevano dimostrato che la mafia poteva essere sconfitta. Il loro esempio ci invita a vincere l’indifferenza, a combattere le zone grigie della complicità con la stessa fermezza con cui si contrasta l’illegalità”.