Dal “furbetto del telo” al “grassofobico” dal “no-green” passando dal “sanchismo”, per finire al “talkaholism”. Sono i neologismi di questo mese d’agosto individuati dalla Treccani che, da tempo, si è data il meritorio compito di monitorare l’evoluzione del linguaggio e i cambiamenti dell’ italiano. I “furbetti del telo” hanno interessato le cronache ferragostane del 2023, per indicare chi lascia l’ombrellone la notte prima o la mattina all’alba per occupare il miglior posto sulla spiaggia. A rilanciare invece il termine “grassofobico“, già in uso nella divulgazione scientifica o dietetica per indicare il pregiudizio e la discriminazione generalizzata verso le persone in sovrappeso, è stato invece un fatto di cronaca: la denuncia sollevata sui social dalla semiotica e attivista bolognese per i disturbi alimentari, Maruska Albertazzi, contro un un libro per bambini, che narra le varie disavventure di una bambina “un po’ cicciottella”. Il libro, dopo le polemiche, è stato prontamente ritirato dal commercio dalla casa editrice.
Due neologismi riguardano le categorie politiche, dove il rinnovamento dei termini di comunicazione è pressoché quotidiano e sono “no-green” e “sanchismo“: “No-green” è una delle parole con cui i giornali hanno definito l’estrema destra olandese, mentre “sanchismo” è stato coniato dagli avversari del premier spagnolo uscente Pedro Sánchez per definire il suo stile di governo divisivo. Infine “talkaholism“, il termine coniato dai ricercatori James McCroskey e Virginia P. Richmond che lo hanno usato per definire un difetto, che ha anche una sua traduzione italiana, “logorroico”, per indicarne però una necessità irrefrenabile. Il termine è ottenuto grazie all’uso della desinenza anglosassone che riprende quella propria delle “dipendenze”.
Sono moltissimi in neologismi catalogati in questi anni dalla Treccani che va a caccia dei nuovi slang, giovanili e non, diffusi soprattutto via social. Spesso sono termini per cui si ricorre all’uso dell’inglese per definire con maggiore precisione un concetto: ad esempio sono moltissimi i modi di dire derivanti dal verbo “to kill” ma, ad esempio, la differenza tra “killerare“, banalmente “assassinare” o in senso figurato, “privare della ragion d’essere, svuotare di significato e di valore” è molto diverso da “killare” che, spiega la Treccani, indica “l’azione di uccidere all’interno del gioco un nemico”. Il termine è ormai generalmente in uso nell’ambito dell’informatica per indicare il processo di terminazione o chiusura forzata di un’applicazione, ma ha ormai sostituito il precedente nel linguaggio comune. Come “shippare“, non ancora catalogato da Treccani, che deriva da shipping che a sua volta deriva da relationship: si “shippa” qualcuno o meglio, una coppia, quando la si vorrebbe vedere insieme, coinvolta e innamorata. Senza dimenticare quel bambino che nel 2016 inventò il termine “petaloso” che attirò l’attenzione dell’Accademia della Crusca.