PALERMO – Nella stanzetta che gli aveva preparato ha lasciato tutto: il lettino, i giochi, i vestitini come se temesse di spezzare l’ultimo filo che lo lega a lei. Alessandra Teresi, medico rianimatore del 118, l’ha amato come un figlio da quando l’ha visto, minuscolo, infagottato, in braccio a una delle profughe che viaggiava con lui su un barcone partito dalla Tunisia e diretto a Lampedusa. La madre è caduta in mare ed è annegata durante la traversata, il padre è rimasto in Tunisia e Christmail, piccolo migrante africano, a turno è stato accudito dalle donne della barca. Sei mesi, originario della Costa D’Avorio, il piccolo ha trovato in Alessandra, suo marito e suo figlio di 14 anni una famiglia.
“Il 28 aprile – racconta la dottoressa – vengo chiamata per visitare un migrante che stava male appena giunto a Lampedusa. Sullo stesso barcone c’era Christmail. Lo portano all’hotspot perché potessi accertarmi che stava bene: vengo a sapere allora che la madre era morta e che il padre non era riuscito a salire a bordo ed era rimasto in Tunisia. Insieme alla pediatra ci siamo presi cura di lui, aveva difficoltà a mangiare perché era abituato a prendere il latte al seno, ma siamo riuscite a nutrirlo. Un bambino meraviglioso”. Ma nell’hotspot in piena emergenza il piccolo non può restare. E’ allora che Alessandra, che deve tornare a Palermo, dà la disponibilità di accoglierlo a casa fino all’arrivo del padre.
“Ne ho parlato con i miei familiari e hanno detto subito di sì”. Il tribunale dei minori, anche grazie al consenso del padre del piccolo contattato dalla dottoressa, acconsente. Alessandra sa bene che si tratta di un affido temporaneo e che Christmail non resterà con lei per sempre. Ma dopo una settimana dall’arrivo del piccolo la chiama la polizia. “Mi dicono – racconta – di andare in tribunale col bambino perché servivano alcuni documenti e alcuni dati. Io vado e prima ci tengono in una stanza con tre agenti e il responsabile di una casa-famiglia, poi mi comunicano che il giudice dei minori ha revocato l’affido e che devo restituire il bimbo che sarà mandato in una struttura protetta”. Nessuna spiegazione, nessun cenno al motivo della revoca dell’affidamento.
“Mio figlio l’aveva salutato prima di andare a scuola e quando è ritornato non l’ha più trovato – dice -. Per tutti noi è stato un enorme trauma. Pensiamo a lui continuamente anche perché si era affezionato tantissimo alla mia famiglia. Aveva bisogno di affetto, di abbracci, di amore: che senso ha avuto mandarlo in una comunità quando poteva avere una famiglia fino all’arrivo del padre?”. Ad Alessandra la polizia si limita a parlare di errori nella procedura di affido. Il tribunale dei minorenni sottolinea invece di non potere rilasciare dichiarazioni circa provvedimenti che riguardano minori.
“Noi sapevamo benissimo che si trattava di una situazione temporanea e che non sarebbe rimasto con noi – spiega la dottoressa Teresi -. Tanto che io stessa ho favorito l’arrivo del genitore offrendogli una casa e un lavoro. Il nostro unico obiettivo era quello di ricongiungere Christmail con il padre e di fornire loro ogni assistenza possibile”. La famiglia non ha più avuto notizie del piccolo. “Non ci vogliono dire dove è, né ce lo fanno vedere. Noi vogliamo solo quel che è meglio per lui, ma certo una casa vera, almeno fin quando rivedrà suo padre, è meglio di un orfanatrofio”.