TORINO – Il tribunale dei minori di Torino ha condannato, per tentato omicidio, i tre adolescenti, due ragazzi e una ragazza, che facevano parte della baby gang che la sera del 21 gennaio lanciò una bici elettrica dalla balaustra dei Murazzi, in riva al Po, colpendo uno studente universitario palermitano di 23 anni, Mauro Glorioso, ferendolo gravemente.
Le condanne sono di 9 anni e 9 mesi per il più vecchio dei tre – 18 anni compiuti ad agosto – 9 anni e 4 mesi per un 15enne e 6 anni e 8 mesi per la ragazza, anche lei quindicenne. La procura dei minori, guidata dalla procuratrice Emma Avezzù aveva chiesto condanne a 13 anni e 9 anni, mentre le difese avevano chiesto la messa in prova per tutti gli imputati. Altri due indagati, maggiorenni, coinvolti nella vicenda, sono in carcere. Per le motivazioni bisognerà aspettare novanta giorni.
“Una sentenza significativa”, per la procuratrice Emma Avezzù. All’uscita dal tribunale di corso Unione Sovietica il papà di Mauro, Giuseppe Glorioso, ha commentato la sentenza: “Spero che i ragazzi, la collettività, le baby gang con questa sentenza si rendano conto che con la vita non si può giocare”. Giuseppe Glorioso ha poi aggiunto che le baby gang sono un problema dilagante “troppo grave, speriamo che almeno tutto ciò possa avere un significato perché tanto mio figlio non me lo riconsegneranno nelle condizioni antecedenti a quella sera. Ma almeno che da questo possa nascere qualcosa di positivo”.
Mauro è ancora ricoverato in ospedale e – come ha spiegato il suo avvocato Simona Grabbi – solo recentemente è stato informato dell’accaduto, perché, ha spiegato il legale, non era in grado di reggere la notizia. “Riteniamo che questa sentenza – ha detto l’avvocato – sia una decisione equilibrata al termine di un processo che ha provocato alla famiglia ulteriore, grande, sofferenza perché assistere alla ricostruzione dei fatti accaduti fatta parte dei tre imputati è stato estremamente doloroso”. Durante l’udienza di oggi il più grande dei tre imputati ha letto una dichiarazione di scuse in cui affermava di provare “disgusto e vergogna” per quanto accaduto e chiedeva una seconda possibilità per dimostrare di “non essere un mostro”.
Scuse che per il papà di Mauro sono state tardive. “Una sentenza tristemente esemplare”, ha commentato l’avvocato Domenico Peila, che assiste il 15enne: “Non è così che si risolve la delinquenza giovanile – ha aggiunto – ma sicuramente questo è un verdetto che farà comodo a qualcuno”. Invece per l’avvocato Michele Ianniello, che assiste il neo maggiorenne, 17enne all’epoca dei fatti, “la vicenda giudiziaria non si conclude qua. Ho chiesto la revoca della misura cautelare, perché secondo me il rischio paventato dalla Procura di reiterazione del reato è contenibile anche con gli arresti domiciliari”.