Una vita da boss, quella di Mattoe Messina Denaro, trascorsa tra Castelvetrano, suo paese natale, dove ha vissuto prima di darsi alla latitanza e dove vivono ancora i suoi familiari, e Campobello di Mazara, dove ha passato gli ultimi anni della sua latitanza in diversi covi, fino a quando è stato arrestato. “Muore un uomo che ha fatto tanto male alla sua terra. Ci vorranno decenni ancora, prima che culturalmente si ponga fine a una mentalità, a una cultura, talvolta dilagante, di illegalità, di impunità, che lui e i suoi accoliti e altri prima di loro, hanno coltivato per troppo tempo – ha detto il sindaco di Castelvetrano, Enzo Alfano -. Ci attende un percorso di sana e oggettiva consapevolezza che dovrà coinvolgere tutta la stragrande maggioranza di donne e uomini perbene di cui il nostro territorio è abitato, che dovrà negare ogni consenso a quanti, pochissimi invero, continuano ad avere ancora ‘annacamenti’ disdicevoli”.
Il primo cittadino aggiunge: “Avrebbe potuto redimersi, non solo cristianamente, e fare nomi e raccontare fatti di cui è stato autore, artefice e mandante. Non l’ha fatto. Ed è un vero peccato per la giustizia. Un pensiero di vicinanza umana voglio esprimerlo alla figlia Lorenza, riconosciuta nelle ultime settimane, che reputo vittima innocente della situazione. Auspico che si chiuda definitivamente un capitolo e un libro tristissimo per questo straordinario territorio, pieno di grande storia e potenzialità mai dispiegate fino in fondo, perché avvolto da una cappa soffocante che ha tenuto ben lontano tanti imprenditori seri e investimenti puliti”, ha concluso Alfano.
“Ora si scrive la parole fine su colui che per 30 anni ha provocato ferite profondissime e mortali non soltanto nella nostra provincia. La morte, comunque, rappresentando la conclusione della vita terrena, pone ogni uomo davanti alla giustizia divina – ha detto il sindaco di Campobello di Mazara, Giuseppe Castiglione -. Lo Stato ha rispettato la Costituzione garantendo le massime cure al boss per salvargli la vita, nonostante l’indignazione del popolo italiano per la discriminazione rispetto alla qualità di trattamento con altri malati dello stesso tipo”.