PALERMO – “Il quarantunesimo anniversario dell’attentato di via Isidoro Carini richiama l’intero Paese a uno sforzo corale nell’impegno di lotta alla mafia. Tutta la società italiana deve sentirsi coinvolta: le istituzioni, le agenzie educative, il mondo delle associazioni”. Così il capo dello Stato Sergio Mattarella, in ricordo dell’attentato in cui morirono il 3 settembre 1982 il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e durante il quale fu ferito mortalmente l’agente Domenico Russo.
Carlo Alberto Dalla Chiesa intuì le potenzialità dell’azione della Pubblica Amministrazione per contrastare, insieme all’azione della magistratura e delle forze di polizia, le pretese criminali di controllo dei territori. Il suo esempio interpella la coscienza civica e la responsabilità personale di coloro che ricoprono pubbliche funzioni, chiamati a costituire un efficace argine all’illegalità, alla corruzione e alle infiltrazioni criminali nel tessuto amministrativo ed economico. Dal contributo di tutti, dall’efficacia delle azioni di contrasto e di prevenzione, dai germi di consapevolezza che la società, le famiglie, la scuola, il terzo settore sapranno far sbocciare nelle giovani generazioni, dipendono la stabile affermazione della cultura della legalità e lo sviluppo di durature prospettive di progresso economico e sociale. Con questo spirito, rinnovo alle famiglie Dalla Chiesa, Setti Carraro e Russo i sentimenti di partecipazione e vicinanza della Repubblica”, ribadisce il capo dello Stato.
Gli fa eco il premier Giorgia Meloni con un post sui social: “Al Generale Dalla Chiesa, esempio di integrità e coraggio, e a tutti i servitori dello Stato che sono caduti lottando per liberare l’Italia dal cancro della mafia, va il nostro più profondo ringraziamento e rispetto. La vostra battaglia è la nostra e non indietreggeremo mai”.
“Nessuno dev’essere lasciato solo – afferma il presidente del Senato, Ignazio La Russa – il Generale Dalla Chiesa era un simbolo della lotta dello Stato contro la criminalità organizzata e la sua morte fu una ferita molto dolorosa per la nostra Nazione. Dallo sgomento per quella morte però, nacque la forte reazione di una comunità e, ancora oggi, la sua opera, il suo coraggio e la sua determinazione sono per tutti noi memoria preziosa. La storia del Generale Dalla Chiesa ci insegna che nel contrasto alla mafia nessuno deve mai essere lasciato solo”.
Un commosso ricordo arriva anche dal presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca. “Dalla Chiesa conosceva bene la Sicilia – aggiunge – da giovane ufficiale dei carabinieri era stato a Corleone e poi a Palermo tra gli anni ’60 e ’70. Cosa Nostra sapeva perfettamente che, da Prefetto di Palermo, il Generale avrebbe ingaggiato una lotta serrata al crimine organizzato, in difesa dei cittadini perbene e dello Stato democratico. Non dimenticheremo mai la grandezza morale, la passione civile e l’amore per l’Italia che hanno segnato la vita del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa”.
“La figura del generale Dalla Chiesa resta uno degli esempi più incisivi di servitore dello Stato”. Così il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla. “Dopo aver combattuto le Brigate rosse, il senso del dovere e il suo antico legame con la Sicilia lo portano ad accettare, senza la minima esitazione, l’incarico di prefetto di Palermo per contrastare la mafia in uno dei periodi di maggiore recrudescenza della violenza da parte di Cosa nostra – aggiunge il primo cittadino – Restano il rimpianto e il dolore per non aver visto il suo impegno e la sua dedizione accompagnati adeguatamente dallo Stato, ma rimane l’eredità di un metodo investigativo che ancora oggi fa scuola e un illuminato approccio nel cercare un costante rapporto con le giovani generazioni”.