Alla luce dell’aggravamento delle condizioni di Matteo Messina Denaro non è più in agenda, per sanitari e istituzioni che stanno gestendo la complessa vicenda, il tema del suo ritorno nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila dove è stato rinchiuso in regime di 41 bis fino all’8 agosto. È un momento molto delicato per lui che alterna momenti di lucidità in cui appare persino di buonumore e si alza dal letto a momenti di grande debolezza. Nei giorni scorsi Messina Denaro sarebbe andato in coma per la reazione di farmaci somministrati per la terapia del dolore: si è ripreso dopo che sono state rimodulate dosi e medicine.
Il boss è ricoverato dall’8 agosto all’ospedale San Salvatore dell’Aquila dove i medici stanno profondendo ogni sforzo nella cura del tumore al colon, arrivato però a uno stadio molto avanzato. A riprova della estrema precarietà della salute del 61enne ex superlatitante sottoposto alla terapia del dolore e alla alimentazione parentelare nella cella del reparto per detenuti dove è sorvegliato a vista da decine di agenti delle forze dell’ordine, c’è il fatto che alla preoccupazione dei medici si è aggiunta quella, forte, dei familiari che si informano giornalmente sulla sua situazione.
Si sono trasferite all’Aquila e sono presenti fisicamente fuori dalla struttura sanitaria la nipote e legale Lorenza Guttadaurio e la figlia Lorenza, riconosciuta recentemente. In particolare la nipote è assidua nelle visite per stare al capezzale dello zio; il padrino non avrebbe voluto invece vedere la figlia, incontrata per la prima volta ad aprile nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila, proprio per non farsi trovare con il fisico e, a volte anche la mente, provato duramente dalle conseguenze della malattia. Messina Denaro è tenuto in cura sia dagli oncologici guidati dal primario del reparto, Luciano Mutti, sia dagli esperti della terapia del dolore del reparto di rianimazione coordinati dal primario, Franco Marinangeli, reparto nel quale Messina Denaro è stato ricoverato fino a una decina di giorni fa in seguito all’intervento chirurgico per una occlusione intestinale.