AGRIGENTO – E’ stata pirateria. Anche la consegna del denaro e dei cellulari in cambio del traino del barchino, per fare avvicinare i migranti a Lampedusa, è stata un’attività di pirateria e non di estorsione per come l’aveva qualificata il gip del tribunale di Agrigento. Lo ha stabilito il tribunale del Riesame di Palermo, al quale la Procura di Agrigento con l’aggiunto Salvatore Vella e il pm Gaspare Bentivegna, ha fatto ricorso. Il caso è quello, di fine luglio scorso, del fermo del comandante di un motopesca tunisino e dei 3 componenti dell’equipaggio che, in acque internazionali, rubarono il motore del barchino con a bordo 40 migranti e si fecero consegnare, in cambio della promessa di traino del natante fino a Lampedusa, i cellulari e i soldi che i profughi avevano in tasca.
Il gip di Agrigento, Iacopo Mazzullo, allora riconobbe l’attività di pirateria nella sottrazione del motore, fatto con violenza e minacciando con coltelli i migranti. La consegna di cellulari e denaro avvennero come una sorta di contrattazione e per questo la rapina di soldi e cellulari furono qualificati come estorsione aggravata, reato su cui, essendo avvenuto in acque internazionali, la Procura non ha alcuna giurisdizione. Per il Riesame “gli atti di depredazione rientrano nell’articolo 1135 del codice della navigazione”.