CATANIA – Blitz all’alba della guardia di finanza di Catania. Oltre 130 uomini hanno eseguito in Sicilia, Campania, Lazio, Lombardia e Veneto, in collaborazione con i finanzieri del Servizio Centrale Investigazione sulla Criminalità Organizzata (Scico) e il supporto dei comandi provinciali di Milano, Monza, Napoli, Roma, Varese e Verona, un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e patrimoniali, emessa dal Tribunale etneo, nei confronti di 31 indagati: due sono finiti in carcere, uno agli arresti domiciliari. Si tratta di due imprenditori ritenuti legati al clan Scalisi di Adrano, Antonio e Francesco Siverino, padre e figlio, e di un prestanome, Alfredo Leotta. Nell’operazione denominata ‘Replay’ i reati contestati sono omesso versamento dell’Iva, bancarotta, trasferimento fraudolento di valori e riciclaggio. Il giudice ha disposto, inoltre, il sequestro, nei confronti di tutti gli indagati, delle quote sociali di 25 imprese, oltre a beni e altre disponibilità, per 86 milioni di euro.
L’indagine trae origine dallo sviluppo dell’operazione ‘Follow the money’, che ha riguardato i due imprenditori ritenuti contigui al clan Scalisi di Adrano, articolazione della famiglia mafiosa Laudani. Nel nuovo filone investigativo, sono stati approfonditi i rapporti commerciali e i flussi finanziari della rete di 25 imprese facenti capo a questi due imprenditori e, inoltre, sono state ricostruite le cause che hanno portato al gravissimo dissesto economico di una delle principali società gestite dagli stessi, la Sl Group, con sede a Catania. Si tratta di una società attiva nella commercializzazione di carburante e formalmente amministrata da un soggetto di comodo, dichiarata fallita dal Tribunale di Catania nel 2021.
Le indagini sulla società fallita hanno evidenziato ripetute violazioni alle norme tributarie legate all’omesso versamento dell’Iva per oltre 9,7 milioni di euro solo nel 2019 e stimate nel complesso (per gli anni 2019-2020) in 50 milioni di euro. Inoltre, i due imprenditori, con il concorso di soggetti prestanome a capo di 6 diverse società, tutte riconducibili a loro, avrebbero operato ingiustificati prelievi in contante e bonifici in favore di queste società, così drenando liquidità per non meno di 27,7 milioni di euro in un arco temporale di poco più di 3 anni (metà 2018 – inizi 2021).
Le distrazioni delle risorse della società fallita sarebbero avvenute in un primo momento a favore di 6 società (con sede a Catania, Enna e Milano, operanti nel settore della commercializzazione di carburanti, nella logistica e trasporti e nella compravendita di autoveicoli) e di una persona fisica, rappresentante legale di altre due imprese (con sede a Catania e in Bulgaria, attive nel settore della logistica e dei trasporti). Sono state inoltre individuate e ricostruite molteplici operazioni di trasferimento di fondi ‘infragruppo’, potendo i Siverino contare sul ‘controllo di fatto’ di un numero consistente di aziende, in totale 25, dislocate in diverse province del territorio nazionale (Catania, Milano, Napoli, Roma, Varese e Verona).
Tali operazioni avrebbero consentito di riciclare e reimpiegare nel circuito economico legale somme di denaro stimate in circa 48 milioni di euro, rendendo difficoltosa l’identificazione della loro provenienza. L’anello di congiunzione tra i due imprenditori e la rete dei prestanome a capo delle 25 società e ditte coinvolte sarebbe stato Leotta, posto ai domiciliari, il quale avrebbe rappresentato il referente da cui ricevere indicazioni e a cui rivolgersi in caso di necessità.