CASTELVETRANO (TRAPANI) – Chi è rimasto fuori dal recinto ha osservato tutto il tempo con sguardo curioso. Chi ha scelto di esserci, invece, ha varcato il cancello di villa Falcone-Borsellino dove si è tenuto stamattina il sit-in contro la mafia nato da un’idea dell’avvocato Jonny Li Causi e condiviso dai sindaci di Campobello di Mazara (Giuseppe Castiglione) e Castelvetrano (Enzo Alfano). Un tam tam di pochi giorni su WhatsApp e social per radunare forze sane e testimoni di impegno per dire no alla mafia nella città di Matteo Messina Denaro. Poco più di 100 persone si sono ritrovate insieme, a distanza di pochi giorni dalla tumulazione della salma del boss dopo la provocazione dell’avvocato Li Causi.
Il legale ha letto sui social centinaia di commenti di condoglianze alla famiglia Messina Denaro e messaggi che esaltavano la figura del boss e si è arrabbiato: “Tutti figli di una sub-cultura che non mi appartiene – ha detto l’avvocato – poi far passare sui giornali e tv le sole interviste di chi si proclama a lutto per la morte del boss, rischia di accomunare questo pensiero a quello di noi tutti cittadini”. Li Causi ha poi letto alcune righe della deposizione di Vincenzo Chiodo, l’esecutore materiale dell’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo e ha sollevato la questione di “corresponsabilità da parte dello Stato di gestire il tema dell’antimafia”. Il riferimento è stato alla gestione dei beni sequestrati ai clan che, in alcuni casi come il gruppo 6GdO di Castelvetrano, falliscono in mano agli amministratori giudiziari: “Lo Stato non può permettere questo – ha detto Li Causi – deve investire, anche se le aziende vanno in perdita, per garantire il livello occupazione e per evitare che poi, alla fine, c’è chi dice che la mafia dava lavoro e lo Stato no”.
Giuseppe Castiglione, primo cittadino di Campobello di Mazara, ultimo covo del boss prima di essere arrestato, ha ribadito che le due comunità vicine continueranno a ribellarsi “per evitare che si continui a buttare fango addosso, screditando tutti i cittadini. Oggi è il tempo maturo per voltare pagina e siamo qui non certo per Matteo Messina Denaro, ma per tutte le vittime della mafia”. Un impegno corale è quello che ha chiesto il sindaco di Castelvetrano, Enzo Alfano: “Comportamenti concreti e scelte nette da che parte stare”.
Ad ascoltarlo c’erano pure Rosamaria e Francesco Vento, figli di Vincenzo, ucciso dalla mafia per errore di persona nel 1984, Giovanna Ragolia, vedova di Rosario Sciacca, che l’11 giugno 1990 fu vittima innocente di un agguato mafioso. In prima fila anche Giuseppe Cimarosa, parente dei Messina Denaro, che in questi anni ha alzato la voce contro il boss. Cimarosa ha denunciato la solitudine che vive da anni: “Qui, ad esempio, nessuno mi ha avvicinato dandomi la mano – ha detto – leggendo i commenti sui social dopo la morte di Matteo Messina Denaro mi sono accorto che sono stati tantissimi. Noi dobbiamo far sentire la nostra voce a testimonianza che siamo molti di più. Dobbiamo continuare a lottare contro la cultura della mafia. A partire dalle scuole”.