Si chiama angiofibroma giovanile ed è un tumore benigno, di probabile origine ormonale e vascolare che occupa la parete postero-laterale della cavità nasale. Sebbene si tratti di una patologia poco diffusa, che registra in Europa l’incidenza di 4 casi su 100.000, e nonostante sia molto ‘selettiva’ (riguarda principalmente soggetti di sesso maschile dai 7 ai 21 anni di età, con una media dai 14 ai 18 secondo i casi), richiede un intervento tempestivo perché in alcuni casi, più gravi, può crescere anche molto rapidamente, fino a invadere altre strutture del cranio, come ad esempio il nervo ottico e l’encefalo. Molto delicato, quindi, l’intervento chirurgico che è stato effettuato al Villa Sofia di Palermo da Salvatore Poma e coordinato dal direttore della Unità Operativa Complessa di Otorinolaringoiatria Giuseppe Mario Galfano, mentre le procedure di competenza anestesiologica sono state condotte dall’anestesista-rianimatrice Fabiana Tartamella, del reparto di Anestesia e Rianimazione diretto da Paolino Savatteri.
L’operazione è stata preceduta dalla embolizzazione, eseguita da Marco Filizzolo (nella foto con Poma) della Radiologia e Neuroradiologia Interventistica diretta da Fabio La Gattuta. “La chirurgia rappresenta il gold standard del trattamento di questo tumore – spiega Poma – e l’obiettivo è volto, infatti, alla rimozione completa dell’exeresi tumorale. L’asportazione chirurgica è, dunque, la terapia d’elezione ed è quasi sempre risolutiva. Nella maggior parte dei casi l’intervento è realizzato in modalità mini-invasiva, utilizzando un endoscopio, che risale dalla narice, e che, attrezzato con speciali pinze o un laser, viene usato dal chirurgo per asportare la massa. Questo tipo di chirurgia senza cicatrici consente un post-operatorio molto più rapido: il paziente, infatti, in assenza di complicazioni, può essere dimesso già 2-3 giorni dopo l’intervento. L’operazione nella maggior parte dei casi coincide con la guarigione, cui seguirà, comunque, un follow up di visite e controlli a scadenze regolari per tenere la situazione sotto stretta sorveglianza”.
“Si tratta – continua Poma – di interventi delicati per via della diffusione sottomucosa del tumore, nonché della complessità anatomica dei distretti coinvolti (distretto testa-collo) che possono generare possibili emorragie in corso dell’intervento chirurgico, oscurando il campo operatorio”. Un aspetto quest’ultimo che rileva come sia importante in fase pre-chirurgica poter contare su modelli organizzativi assistenziali dotati anche della neuroradiologia interventistica che, in casi come questo, consentono una previa embolizzazione (procedura di neuroradiologia interventistica che si sostanza nell’occlusione selettiva di alcuni vasi sanguigni). “L’embolizzazione – spiega Filizzolo – viene preceduta da un’angiografia, per avere una ‘mappa’ dei vasi sanguigni che irrorano il tumore, sulla cui base il neuroradiologo interventista occlude i vasi che riforniscono di sangue la massa tumorale, in modo da limitare eventuali emorragie durante l’intervento di asportazione”.