CATANIA – Un’operazione della polizia di Catania, denominata ‘Catena spezzata’, coordinata dalla Procura Distrettuale etnea, ha disarticolato una organizzazione criminale che opera a Catania e nella provincia. Decine di uomini della polizia hanno eseguito 9 arresti per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di diverse rapine, estorsioni e furti, detenzione ai fini di spaccio di droga, detenzione e porto di armi e lesioni personali aggravate. Tra l’ottobre e il dicembre del 2022 sono stati presi d’assalto esercizi commerciali i cui gestori, brutalmente aggrediti, sotto la minaccia di armi sono stati letteralmente terrorizzati. Gli investigatori hanno fatto luce su 4 rapine compiute a Catania, nel territorio acese, a Belpasso e a Campobello di Licata e altri reati, tra cui una estorsione con il cosiddetto ‘cavallo di ritorno’.
GLI ARRESTATI. In carcere sono finiti: Antonino Patanè, 63 anni, ritenuto affiliato al clan Laudani; Mario Cavallaro, 49 anni; Alfio Paradiso, 61 anni; Angelo Zinna, 31 anni; Cristian Sorbera, 36 anni; Sebastiano Cosentino, 27 anni; Maurizio Pappalardo, 55 anni. Finiscono ai domiciliari Orazio Bellissima, 65 anni, e Sebastiano Caudullo, 49 anni.
Le indagini sono scattate dopo una rapina a mano armata in un ufficio postale di Catania da parte di tre uomini, uno dei quali, Mario Cavallaro, subito identificato grazie all’analisi delle videocamere. Rintracciati in seguito anche i due complici, scoprendo come i tre facessero parte di una organizzazione stabile, strutturata in modo piramidale, al cui interno svolgeva un ruolo di vertice Antonino Patanè, coadiuvato da Mario Cavallaro e Sebastiano Cosentino. La banda disponeva di armi, di auto rubate impiegate per compiere le rapine e di basi logistiche per gli incontri tra i sodali e la pianificazione di altre attività illecite. Dalle indagini è emersa, inoltre, una connotazione particolarmente violenta del gruppo. Gli investigatori nel dicembre del 2023 sventarono una rapina ai danni di una ditta di autotrasporti e bloccarono due degli indagati armati e due lavoratori della ditta che avrebbero fatto da basisti (Maurizio Pappalardo e Orazio Bellissima). Avrebbero fornito ai sodali ogni informazione necessaria.