L’obesità è un fattore di rischio o una vera e propria patologia? Quello che è certo è che va considerata una delle condizioni tra le più diffuse in Italia, dove la metà della popolazione è in sovrappeso e il 10%, quindi una persona su dieci, è clinicamente obesa. Senza dimenticare che si tratta di una condizione che genera malattie: diabete tipo 2 per quasi il 60% dei casi, cardiopatia ischemica nel 21% dei casi e fino al 42% di alcuni vengono ricondotti all’obesità che causa, nei pazienti più gravi – di classe III – una riduzione dell’aspettativa di vita tra i 10 e i 15 anni. A queste si aggiunge la maggior predisposizione a forme tumorali quali ad esempio al colon e, nelle donne, all’endometrio, ma anche a neoplasie epato-bilio-pancreatiche, neoplasie linfoproliferative e cancro al seno post menopausale. Ma se si tratta indubbiamente di una condizione complessa, che richiede un approccio multidisciplinare e un percorso del paziente capace di integrare supporto psicologico e psichiatrico, terapia farmacologica, corretto regime alimentare, non va dimenticato che oggi l’intervento chirurgico è sempre più risolutivo.
“Tutti i dati in nostro possesso dimostrano che l’obesità è una malattia in sé stessa e come tale va riconosciuta sia dallo Stato che dalla società”. spiega Giuseppe Navarra, responsabile del centro di eccellenza di chirurgia bariatrica e direttore della Chirurgia generale a indirizzo oncologico del policlinico G. Martino di Messina e presidente eletto Sicob, Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle malattie metaboliche. In Italia sono circa 130 i centri chirurgici multidisciplinari certificati e regolati. In Sicilia tre sono i centri di eccellenza, oltre al policlinico di Messina, l’Arnas Garibaldi di Catania e il Buccheri La Ferla di Palermo, e due accreditati: il policlinico e il Cannizzaro di Catania dove si trova anche un centro affiliato, il policlinico Morgagni.
Al Cannizzaro l’Unità Operativa semplice dipartimentale di Chirurgia bariatrica vanta una esperienza di oltre 600 procedure chirurgiche bariatriche, di cui circa 200 solo quest’anno. Naturalmente l’approccio è multidisciplinare in quanto il paziente obeso, prima di essere trattato chirurgicamente, segue un complesso iter di valutazione (endocrinologica, psicologica, pneumologica, cardiologica, nonché studio endoscopico). Così è stato anche per una paziente dell’ospedale Cannizzaro sottoposta alla ‘sleeve gastrectomy’, cioè un intervento di riduzione dello stomaco, con tecnica laparoscopica in anestesia spinale. La donna è stata, cioè, operata senza anestesia generale e quindi rimanendo sveglia nel corso dell’intervento.
L’intervento è stato eseguito da Saverio Latteri (nella foto secondo da destra con la sua équipe) responsabile del reparto, coadiuvato da Maria Sofia e Chiara Mazzone, con il supporto anestesiologico di Enrico Vaccarisi, del reparto di Anestesia e Rianimazione diretta da Savino Borracino, nonché dallo strumentista Vincenzo Cavallo. La donna, 37 anni, affetta da obesità di grado severo (BMI 38 kg/cm2), ha seguito il percorso di valutazione cardiologica e pneumologica preoperatoria, incluse spirometria e polisonnografia, in considerazione dell’aumentato rischio di Osas (Obstructive Sleep Apnea Syndrome) che spesso colpisce i pazienti con la medesima patologia. Avendo evidenziato un pattern respiratorio con alcuni eventi di tipo prevalentemente ostruttivo e una saturazione dell’ossigeno lievemente inferiore alla norma, i medici hanno ritenuto di proporre alla paziente l’intervento sotto anestesia spinale. Il decorso post-operatorio è stato eccellente e la paziente è stata dimessa in terza giornata senza nessuna complicanza.