PALERMO – Avrebbe sottratto e fatto avere ai familiari del boss della Kalsa, Luigi Abbate, detto Gino u Mitra, un hard disk con informazioni su una indagine di mafia, Felice Leto, il commesso giudiziario arrestato al termine di una indagine della Dda di Palermo. Leto, a cui si contesta il reato di favoreggiamento, avrebbe preso l’hard disk dal fascicolo che era incaricato di trasportare da un ufficio all’altro della procura e l’avrebbe fatto avere al nipote del capomafia. Ma ci sono anche altri episodi di favoreggiamento contestati alla “talpa” della procura di Palermo che passava alla criminalità informazioni su indagini in corso.
Leto in procura si occupava di trasporto dei fascicoli dalle segreterie dei pm agli altri uffici del Tribunale e, secondo l’accusa, avrebbe illegittimamente consultato i procedimenti, fotografato e diffuso atti coperti dal segreto, portato all’esterno fascicoli, informato i diretti interessati su indagini in corso su intercettazioni avviate arrecando un grave danno a diverse inchieste.
Leto proveniva dal bacino degli ex pip, ex precari del bacino di emergenza di Palermo. La polizia è riuscita a istallare un trojan nel suo cellulare scoprendo così che il commesso avvertiva gli indagati del fatto che fossero intercettati. Leto è genero dell’imprenditore Vincenzo Passantino, titolare di una ditta di trasporti sottoposta a interdittiva antimafia e il sabato, giorno di riposo dall’impiego a Palazzo di giustizia, lavorava per l’azienda del familiare.
La notizia dell’esecuzione dell’ordinanza è stata diffusa, con una nota, dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia. Dalle indagini, delegate dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo alla squadra mobile della questura e alla sezione di polizia giudiziaria della polizia di stato, il commesso giudiziario, proveniente dal bacino dei precari regionali, “appare essere divenuto il punto di riferimento per i diversi soggetti del circuito criminale palermitano che intendono verificare l’esistenza e lo stato di indagini a loro carico”.
“L’operazione odierna, comprensiva di diverse perquisizioni domiciliari resasi urgente e necessaria per la tutela di numerose e importanti investigazioni, – conclude la nota del procuratore de Lucia – fa parte di una più ampia attività, da sempre prioritaria per la procura di Palermo, volta a salvaguardare la riservatezza delle delicatissime indagini trattate e, quindi, alla individuazione di ‘talpe’ che, ciclicamente, cercano di interferite nella corretta amministrazione della giustizia”.
Un primo episodio è stato scoperto nel corso di una inchiesta su due rapinatori. Durante una conversazione intercettata uno dei due fa un riferimento a Leto, senza farne il nome, che insospettisce gli investigatori. Si accerta così che Leto, che aveva la disponibilità delle carte dell’indagine sulla rapina, scattava col cellulare le foto di immagini presenti nel fascicolo – una di un’auto e di un uomo tatuato – e le trasmetteva agli autori del colpo. Un aiuto decisivo ai banditi che dal contatto col commesso smettevano di parlare al telefono e dismettevano le sim dei cellulari.
Altro episodio di favoreggiamento riguarda un indagato per corruzione e falso. “Io non ti ho mandato niente perché hai pure whatsapp sotto controllo – diceva Leto durante un incontro con l’uomo vicino al tribunale avvertendolo di stare attento nelle sue conversazioni al cellulare -. Ci sono intercettazioni fino al 15 ottobre prorogate, ci sono proroghe controproproghe intercettazioni e contro intercettazioni: tu per ora hai il telefono sotto controllo”.