CATANIA – Il palco del Metropolitan di Catania pieno di libri. Oggetti così amati da Roberto Roversi che quando li cedeva scriveva loro una dedica di addio; e impacchettava talmente bene ogni volume da cui si separava che il lettore successivo a volte si rifiutava di rovinare l’involucro. Su questa grande passione di uno tra i più importanti intellettuali del Novecento italiano è stato costruito lo spettacolo “Libri” diretto da Monica Felloni e ispirato all’opera omonima di Roversi, ovvero quarant’anni di riflessioni sulla bellezza delle pagine scritte.
Di sera davanti a centinaia di catanesi, compreso il sindaco Enrico Trantino, una ventina di attori provenienti anche dal laboratorio “Corpi insoliti” dedicato ai disabili e dai corsi con i licei Spedalieri e Boggio Lera. Tra loro il pittore Massimiliano Frumenti Savasta, autore delle immagini incluse nella scenografia. Scatenati in scena alla fine di un’intera giornata divisa in quattro momenti dall’associazione culturale Nèon e dall’università etnea per celebrare i cento anni dalla nascita del poeta bolognese scomparso nel 2012.
Tra Ravel, Puccini, Blur, Celentano e Dalla, per il quale Roversi ha scritto i testi di tre album, in teatro un intreccio di corpi e di voci ha lanciato il messaggio “disperso” di un uomo che ha fondato una rivista con l’amico Pier Paolo Pasolini, ma che poi col passare del tempo ha respinto la notorietà scegliendo solo piccoli editori, evitando sempre la televisione e arrivando a distribuire i suoi libri attraverso fotocopie.
Chi fosse Roversi lo hanno spiegato nelle ore precedenti allo spettacolo gli invitati ai due incontri organizzati da Disum e Cut dell’università di Catania. “Quando a vent’anni componevo poesie – ricorda Piero Ristagno, fondatore di Nèon e promotore del Roversi-day – ho deciso di andare a trovarlo. Tutte le volte mi ha ricevuto e ascoltato, trasmettendomi il senso di responsabilità della parola. Abitando a Catania, partivo e tornavo in autostop, senza dirglielo. Nei primi anni della nostra amicizia lui ha sempre pensato che io vivessi a Bologna”.
Tra i partecipanti alla conversazione anche il nipote di Roversi, l’editore Antonio Bagnoli: “E’ stato uno dei più rilevanti poeti civili del nostro tempo, ma pure un antiquario. I libri li amava e li coccolava, e desiderava la loro più larga diffusione. Per questo sul sito dedicato a lui, robertoroversi.it, è disponibile tutta la sua vastissima opera”. Commovente la testimonianza di tre studenti universitari “innamorati”: “Roversi – confessano – è stata un’incredibile scoperta. I suoi versi sembrano scritti oggi”.
Al monastero dei benedettini la chiacchierata pomeridiana sull’autore bolognese si è “allungata” verso la mostra “Una storia mai ascoltata” con gli scatti di Eletta Massimino e i quadri di Luciano Grasso. Al centro delle immagini ancora lui, il libro. “Eletta mi ha parlato di questo poeta – racconta il pittore – e mi ha chiesto un dipinto che ritraesse un volume. Io l’ho realizzato, e lei lo ha portato in giro per inserirlo nelle sue foto. Poi ho aggiunto altri quadri sullo stesso tema, ed ecco com’è nata questa esposizione, aperta al monastero fino al 15 dicembre”.