CATANIA – Il presidente di Confindustria Catania, Angelo Di Martino, si è dimesso. La decisione è arrivata dopo l’operazione “Doppio petto” della polizia che ha portato all’arresto di 18 persone per le estorsioni nei confronti di noti imprenditori etnei. Tra quelli che avrebbero pagato il pizzo anche Di Martino, il quale dopo avere espresso la propria estraneità ai fatti e riservandosi di agire per le vie legali ha rimesso il suo mandato “per preservare l’immagine dell’associazione evitando così qualsiasi ulteriore speculazione”. Il Consiglio di presidenza di Confindustria si è riunito questa mattina con procedura di urgenza proprio per valutare il contenuto delle notizie apparse sulla stampa riguardanti il presidente.
Ieri le dimissioni di Di Martino erano state chieste da Enzo Guarnera, presidente dell’associazione “Antimafia e legalità”. “Sottoposto a estorsione dalla mafia – aveva detto -, ha pagato il pizzo per venti anni e non ha mai denunciato. Dovrebbe lasciare subito la carica; e se non lo facesse, dovrebbe sfiduciarlo la sua organizzazione. Se ciò non avvenisse, la vergogna sarebbe infinita per lui e per gli altri associati. Aggiungo con rammarico che nel 2019 Di Martino è stato insignito del titolo di commendatore al merito della Repubblica”.
L’inchiesta è quella contro la cosca Pillera-Puntina legata al boss Giacomo Maurizio Ieni. Nel provvedimento cautelare si ricostruisce l’arresto in flagranza di un indagato, Giovanni Ruggeri, bloccato all’uscita dello stabilimento dei fratelli Di Martino con 4.000 euro, che, secondo l’ipotesi della Procura, aveva appena ritirato come tangente da pagare al clan. Filippo Di Martino, fratello di Angelo, ricostruisce il giudice per le indagini preliminari, sentito dopo l’arresto “confermava che l’azienda – da circa 20 anni – era sottoposta a estorsione, soggiungendo che l’attività illecita aveva preso avvio con una richiesta di denaro destinato al sostentamento delle famiglie dei detenuti” e che “l’importo, originariamente convenuto in due ratei annuali di 1.000 euro ciascuno, era poi lievitato sino a 4.000 euro, con la consegna, quindi, ogni anno di complessivi 8.000 euro”.
Analoghe dichiarazioni, aggiunge il gip nell’ordinanza, sono state rese da Angelo Di Martino spiegando che la decisione era stata “assunta illo tempore dal fratello e, poi, mantenuta nel tempo” e precisando che “le persone a cui corrisponde l’estorsione sono mafiosi e pertanto ha insistito di pagare per evitare ritorsioni e lavorare tranquilli”. L’arresto di Ruggeri è stato al centro di commenti tra due esponenti del clan, intercettati dalla polizia. E uno di loro, ricostruisce il gip, “riferendosi a Filippo Di Martino, si manifestava scettico riguardo al fatto che l’iniziativa di denunciare il fatto fosse stata assunta da lui, in quanto, precisava: ‘questo è vent’anni che paga’”.