PALERMO – Il gup di Palermo ha condannato complessivamente a oltre due secoli di carcere 27 tra boss, gregari, estortori e favoreggiatori del boss Matteo Messina Denaro. Il processo, istituito dal pm della Dda Piero Padova e celebrato in abbreviato, riguardava i clan mafiosi di Campobello di Mazara, paese in cui si è nascosto il padrino negli ultimi anni di latitanza, Marsala e Mazara del Vallo. Nessuno degli imputati è stato assolto.
Tra le figure centrali del processo c’era l’imprenditore Francesco Luppino che è stato condannato a 20 anni di carcere. Le intercettazioni hanno rivelato che proprio lui aveva la delega del boss latitante alle nomine dei reggenti dei mandamenti ma anche alla gestione degli appalti e degli affari. L’inchiesta ha svelato anche che i clan controllavano alcune aste giudiziarie. Tra gli imputati Marco Buffa, che prima dell’arresto di Messina Denaro avrebbe messo in giro la voce che il capomafia era morto. Buffa ha avuto 11 anni e 4 mesi. A metterlo in guardia dal parlare del padrino era stato Piero Di Natale (condannato oggi a 16 anni). “Non parlare in giro di questo fatto che hai detto tu che è morto…”., diceva non sapendo di essere intercettato.
Queste le pene inflitte agli altri imputati: 4 anni e 4 mesi a Paolo Bonanno, 6 anni a Leonardo Casano, 18 ad Antonino Cuttone, 9 anni e 4 mesi a Vito Gaiazzo, 4 anni e 4 mesi a Girolamo Causi, 4 anni e 4 mesi a Jonathan Lucchese, 4 Annie. 4 mesi a Marco Manzo, 5 anni e 4 mesi ad Antonino Nastasi, 8 anni e 8 mesi ad Antonino Pace, 6 ani e 4 mesi a Vincenzo Pisciotta, 5 anni a Giuseppe Prinzivalli, 5 anni a Francesco Pulizzi, 12 anni ad Antonino Raia, 20 a Francesco Raia, 8 anni e 8 mesi a Tiziana Rallo, 4 anni e 4 mesi a Vito Rallo, 6 anni a Vincenzo Rallo, 6 anni e 8 sei a Carmelo Salerno, 5 anni e 8 mesi a Giuseppe Salerno, 5 anni e 4 mesi a Giuseppe Speciale, 18 anni a Vincenzo Spezia, 4 anni e 4 mesi a Francesco Stallone, 4 anni e 2 mesi a Rosario Stallone, 6 a Michele Vitale.
Continuano intanto i rilievi nel covo del super boss a Campobello: sono una ventina le impronte digitali trovate nell’appartamento di vicolo San Vito, in cui Messina Denaro ha trascorso gli ultimi anni di latitanza. I carabinieri, al termine di un lungo lavoro, hanno isolato le tracce delle persone che avrebbero frequentato il covo. Come Martina Gentile, la figlia della maestra Laura Bonafede, amante storica del boss, le cui impronte sono state trovate su uno dei dvd presenti nel nascondiglio.
Gentile è ai domiciliari dalla scorsa settimana con l’accusa di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravate. Oltre a smistare la corrispondenza del padrino, l’avrebbe incontrato in latitanza. Gli investigatori, coordinati dalla Procura di Palermo, stanno cercando di capire se la ragazza, madre di una bambina di tre anni, abbia per conto del boss svolto “missioni” a Palermo. Dalle indagini è emerso che la donna sarebbe più volte andata nel capoluogo fingendo al lavoro di stare male. Gli inquirenti, che tentano di ricostruire gli anni di latitanza del capomafia, che si sarebbe nascosto a Campobello dal 2017, sono ora al lavoro per identificare tutti quelli che sono passati per il covo o hanno avuto contatti con Matteo Messina Denaro. Il latitante- emergerebbe dagli accertamenti – avrebbe condotto per anni una vita quasi normale: frequentando persone, uscendo e viaggiando anche fuori dalla Sicilia.