TRAPANI – I carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Palermo nei confronti di tre persone accusate di far parte della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo. Si tratta dell’imprenditore Giovanni Vassallo, che ha avuto gli arresti domiciliari, Emilio Alario e Giuseppe Lodato ai quali è stata notificata la misura della custodia cautelare in carcere. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido e ha fatto luce sugli affari e sugli assetti del clan di Mazara del Vallo da sempre alleato fedele del capomafia Matteo Messina Denaro a cui ha assicurato aiuto logistico ed economico durante la latitanza.
Dalle indagini è emerso che Vassallo, già socio di Giuseppe Grigoli, imprenditore che grazie ai suoi rapporti col padrino di Castelvetrano da piccolo bottegaio ha costruito un impero nel settore della distribuzione alimentare e che da tempo collabora con gli inquirenti, avrebbe fatto parte della rete di fedelissimi che gestiva le comunicazioni di Messina Denaro e avrebbe contribuito a finanziare la sua latitanza.
Vassallo fin dal 2012 avrebbe fatto parte del gruppo che organizzava gli incontri del capomafia di Castelvetrano con gli altri uomini d’onore. Vassallo inoltre avrebbe avuto stretti rapporti con boss di rango del mandamento mazarese come Vito Manciaracina, Vito Gondola, Antonino Cuttone, Giovan Battista Agate, Luca Burzotta e Dario Messina.
I carabinieri hanno accertato anche il ruolo avuto da Vassallo in una rapina commessa a Palermo ad aprile del 2015 il cui bottino, secondo il pentito Attilio Fogazza, sarebbe finito nelle casse della famiglia di Matteo Messina Denaro attraverso l’imprenditore Giovanni Scimonelli, tra i finanziatori della latitanza del boss. Alario, accusato come Vassallo di associazione mafiosa, è già stato condannato in via definitiva per aver fatto parte del mandamento di Mazara del Vallo. Lodato è suo genero.
Tante le attività svolte da Vassallo, definito dal gip “presidio giurisdizionale di Cosa nostra”, che assicuravano ai clan di Mazara del Vallo il controllo del territorio: risolveva le liti tra privati, come le controversie nate dal mancato pagamento di debiti, si occupava di intermediazioni immobiliari incassando percentuali sulle vendite.
Dall’indagine dei carabinieri del Ros è emerso che Vassallo, nel giugno 2021, avrebbe raccolto lo sfogo di un ‘sensale’ che lamentava l’intromissione di alcuni marsalesi nell’intermediazione per la vendita di un fondo che gli sarebbe stato assegnato dal boss Vito Gondola. Vassallo a quel punto avrebbe fissato il prezzo della mediazione indicandolo nel 2% del valore dell’immobile a carico sia del venditore sia dell’acquirente. L’inchiesta ha anche svelato l’interessamento dell’indagato nell’assunzione di manodopera da parte di una ditta legittimamente aggiudicataria di lavori presso il depuratore di Campobello di Mazara e il suo intervento in una procedura giudiziaria per la vendita di un terreno dopo il fallimento della società proprietaria.
Dall’arresto di Vassallo sono venuti a galla nuovi particolari sulla latitanza di Matteo Messina Denaro: pare infatti che il boss cercò un nascondiglio sicuro in Tunisia. Vassallo, ha raccontato il pentito Attilio Fogazza, sarebbe stato contattato da Giovanni Scimonelli, fedelissimo del capomafia e tra i finanziatori della sua latitanza, perché procurasse al ricercato un’abitazione in Tunisia. Il collaboratore di giustizia ha anche messo a verbale che Vassallo, dopo aver subito il sequestro di un centro di distribuzione alimentare a Castelvetrano, si sarebbe scusato con Scimonelli per non aver avuto denaro da mandare a Messina Denaro.