CUNEO – È una condanna pesante quella che i giudici della Corte d’Assise di Asti hanno inflitto a Mario Roggero, 68enne cuneese di La Morra: dal 1980 titolare di una nota gioielleria nella vicina Grinzane Cavour, è stato condannato in primo grado a 17 anni di carcere, tre in più di quelli che aveva chiesto il pm Davide Greco al termine della requisitoria per il duplice omicidio, il 28 aprile 2021, dei rapinatori che avevano fatto irruzione nel negozio e per il tentato omicidio di un terzo, ferito. Una condanna che non ha scalfito il gioielliere – “ognuno ha il proprio destino, loro hanno avuto il loro”, ha detto senza rimorsi – e contro la quale si è schierato il vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini: “Dopo una vita d’impegno e di sacrifici, ha difeso la propria vita e il proprio lavoro – ha scritto sui social il leader leghista – in carcere dovrebbero esserci altri, veri delinquenti”.
Per l’accusa, ed evidentemente anche per il tribunale stando alla sentenza, quella di Roggero fu però tutt’altro che legittima difesa. “Un giustiziere privato, impulsivo, irascibile”, lo aveva definito il procuratore che poi nella requisitoria aveva ribadito il concetto: “La parola difesa stona con un video in cui abbiamo visto un’esecuzione”. Il magistrato aveva poi citato un precedente del 2005, una condanna per minaccia che Roggero aveva avuto per aver mostrato una pistola al fidanzato di una delle figlie. Nella prima fase delle indagini il gioielliere aveva sostenuto di avere iniziato a sparare quando si trovava ancora nel retrobottega: versione che è stata smentita dai filmati. Nelle immagini si vedono infatti i rapinatori uscire dal negozio e dirigersi verso un’auto. Poco attimi dopo il gioielliere esce con la pistola in pugno e spara prima all’autista e poi al bandito che stava salendo dal lato del passeggero. In due riescono a fuggire ma il gioielliere li insegue e uno di loro viene colpito e cade a terra. Roggero torna poi nella gioielleria con la pistola in pugno.
Una rapina subita nel 2015 e conclusa con un pestaggio e la cattura dei responsabili è stata invece utilizzata dalla difesa per indicare il punto che ha segnato “uno spartiacque nella vita psichica di Roggero”, come l’ha definito l’avvocato Dario Bolognesi. Per la difesa, inoltre, era invocabile la legittima difesa putativa: Roggero avrebbe sparato perché convinto che i banditi fossero saliti in macchina, trascinando sua moglie con loro. Illogico, ha ribattuto il procuratore: “Chi sparerebbe dove pensava che si trovasse l’ostaggio?”. E il gioielliere stesso aveva poi aggiunto di fronte ali filmati delle telecamere: “Le ero passato di fianco con la pistola in mano, senza vederla. Ancora adesso sono rimasto stupito quando ho visto i filmati, non ho quel fotogramma in testa”.
Fin dall’inizio quello di Roggero è stato un caso mediatico, con l’accusato che non si è mai sottratto a interviste e che ha sempre rivendicato la legittimità della sua azione: “Non provo niente. Mi spiace sia successo, ma o io o loro” aveva dichiarato subito dopo la sparatoria. Nel processo si è discusso anche il suo stato mentale: tre periti su cinque, i due della difesa, ma anche lo psichiatra nominato dalla Procura, gli riconoscevano la parziale incapacità di intendere. Non così i due consulenti nominati dal tribunale, alle cui conclusioni si è appellato il pubblico ministero.