CATANIA – La terza Corte d’assise di Catania ha condannato all’ergastolo il 63enne Rosario Palermo per l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Agata Scuto, la 22enne figlia della sua allora compagna, scomparsa il 4 giugno del 2012 da Acireale. Secondo l’accusa il delitto è stato commesso per evitare che si scoprisse che la giovane, con la quale aveva avuto una relazione segreta, era rimasta incinta. La Corte ha disposto anche l’isolamento diurno per un anno e il risarcimento alle parti civili da quantificare in separata sede. La sentenza accoglie integralmente le richieste del pm Francesco Puleio.
Assolta invece la ex convivente dell’uomo che era accusata di favoreggiamento nei confronti dell’imputato. Secondo l’accusa Palermo, arrestato il 17 gennaio del 2022, ha ucciso Agata Scuto strangolandola e poi dando fuoco al cadavere in un casolare delle campagne di Pachino. Il corpo, malgrado le ricerche dei carabinieri, non è stato mai trovato. Agata era affetta da epilessia e da una menomazione a un braccio.
L’input alle indagini sul cold case è arrivato nel 2020 da una segnalazione anonima alla trasmissione ‘Chi l’ha visto?’ su Raitre sulla presenza del corpo della giovane nascosto nella cantina della casa della madre. Una tesi risultata falsa, dopo accertamenti avviati subito dai militari che hanno ispezionato locali e scavato nei terreni esterni. Le attenzioni degli investigatori si sono concentrate su Rosario Palermo secondo la Procura di Catania “in ragione del rapporto particolare che egli aveva instaurato nell’ultimo periodo con la ragazza, la quale non usciva mai di casa da sola, né intratteneva rapporti con altre persone”, per “le falsità delle notizie fornite agli inquirenti” sui “suoi spostamenti il giorno della scomparsa di Agata”.
L’uomo, sostiene l’accusa, “non si era recato né a raccogliere lumache nella piana di Catania né a raccogliere origano sull’Etna, come dallo stesso sostenuto negli interrogatori”. Ma non solo, aveva cercato di farsi fornire un falso alibi da un testimone, che lo ha contraddetto sulla tempistica, collocando la gita sull’Etna nel 2014 e non nel 2012. Avrebbe anche nascosto una sbarra di ferro per spiegare la ferita che aveva alla gamba il giorno della scomparsa di Agata Scuto. L’indagato è stato anche accusato di avere “cercato di inquinare le prove” dicendo di avere visto la giovane il pomeriggio della scomparsa e alcuni giorni dopo ad Acireale assieme a una persona e che aveva detto di “volere essere lasciata in pace”. Per questo la famiglia aveva poi ritirato la denuncia. Anche perché la madre, lo stesso giorno, ha ricevuto la telefonata della figlia che le ha detto di “non cercarla”.
A Catania ci sono almeno tre precedenti di processo per omicidio di una donna senza il ‘corpo del reato’, ovvero senza che il cadavere della vittima sia stato trovato. E’ cominciato proprio ieri davanti alla Corte d’assise d’appello il secondo grado per Andrea Bellia, 49enne condannato a 21 anni di reclusione per l’omicidio di Simona Floridia, la 17enne di Caltagirone scomparsa il 16 settembre del 1992. Secondo l’accusa l’ha uccisa probabilmente al culmine di una lite. Il corpo non è stato trovato. La sentenza del processo di primo grado è stata emessa il 12 aprile del 2023 ed è arrivata trent’anni dopo la scomparsa della ragazza. Il processo d’appello è stato aggiornato al prossimo 11 marzo.
E’ definitiva invece la condanna a 25 anni di reclusione per uxoricidio e occultamento di cadavere di Salvatore Di Grazia, l’84enne accusato di avere ucciso la moglie Mariella Cimò, 72 anni, per contrasti economici e passionali, facendo poi sparire il corpo. La Corte di Cassazione, il 24 ottobre del 2020, ha rigettato il ricorso dei suoi legali contro la sentenza della Corte d’appello di Catania che l’8 luglio 2019 aveva confermato quella di primo grado, emessa il 7 aprile del 2017. La donna scomparve dall’abitazione della coppia il 25 agosto 2011, la denuncia fu presentata dal marito il 5 settembre successivo.
Un altro caso è quello di Rita Cigna, una sarta di 45 anni, scomparsa il 15 luglio del 1995, il giorno prima del fidanzamento ufficiale con Francesco Le Pira, più grande della donna di tre anni, che era sposato. L’uomo fu accusato del delitto e condannato in primo e secondo grado a 23 anni di reclusione, ma la Cassazione, il 26 aprile del 2007, annullò senza rinvio la sentenza, assolvendolo. Al centro del processo la scomparsa della donna, che da tempo aveva una relazione con Le Pira, che si è sempre proclamato innocente, ha sostenuto di averla lasciata vicino alla sua abitazione e di non averla più rivista. Ricostruzione condivisa dalla Cassazione che lo ha definitivamente assolto.