PALERMO – No al ripiano del disavanzo della Regione siciliana in dieci anni. La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, con il quale la Sicilia veniva di fatto autorizzata a spalmare in dieci anni il disavanzo residuo, anziché nei tre anni previsti dalla legge. In virtù della incostituzionalità del decreto legislativo diventano illegittime le poste di bilancio della Regione siciliana approvate in applicazione di questa norma. Si tratta dei bilanci per i quali la Corte dei conti aveva sospeso i giudizi di parifica per l’esercizio finanziario 2020 con conseguenze su tutti i successivi bilanci.
Era stata proprio la Corte dei conti a sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma che permetteva di spalmare in dieci anni il disavanzo. Una norma nel frattempo superata perché abrogata grazie a un nuovo accordo dello scorso anno fra Stato e Regione e sostituita da una nuova norma, che ha invece seguito l’intero iter parlamentare, e che permette di spalmare quello stesso disavanzo in otto anni anziché in dieci o nei tre ordinari. Nonostante l’abrogazione della norma e la possibilità che la Corte costituzionale dichiarasse il non luogo a procedere per estinzione del contenzioso, i giudici hanno scelto invece di esprimersi ugualmente in termini di principio giuridico dando ragione alla Corte dei conti.
“L’equilibrio dei nostri conti – dice il governatore Renato Schifani – comunque non è in discussione poiché nel frattempo abbiamo rispettato le indicazioni di Roma e della Corte dei conti, abbattendo il disavanzo e rimettendo la Sicilia in regola. In ogni caso la norma oggetto della sentenza è stata superata dalla disposizione legislativa del 2022 che accorda alla Sicilia il ripiano del disavanzo in otto anni”. “Nel 2022 – aggiunge l’assessore all’Economia, Marco Falcone – siamo scesi da 6 a 4 miliardi di euro e per il rendiconto 2023 le nostre previsioni accreditano un ulteriore calo di ben 500-700 milioni”.