“C’erano anche delle tessere, carte di identità vuote. Credo ce ne fossero 20,15. Io ne ho sempre avute a quantità. Tutti i miei documenti vengono da Roma, perché a Roma ci sono documenti per chiunque, documenti seri. C’è una strada in cui vanno tutti”. Matteo Messina Denaro, interrogato il 7 luglio scorso dai pm palermitani, parla dei documenti falsi usati durante la latitanza smentendo di esserseli procurati attraverso i suoi favoreggiatori trapanesi e indicando in un non ben precisato falsario romano la fonte delle sue carte di identità taroccate. Il verbale di interrogatorio è stato depositato ieri.
Il boss ha espresso il proprio disprezzo verso le nuove leve di Cosa nostra: “Il mio mondo viene trasfigurato, non una metamorfosi normale, proprio una cosa indecente. Non potete mettere menomati mafiosi, senza voler offendere i menomati, quando cominciate a prendere basse canaglie, gente a cui non rivolgevo nemmeno il saluto e li arrestate per mafiosità, allora in quel momento il mio mondo è finito, raso al suolo”. Messina Denaro nell’ultima conversazione con i pm ha fatto anche i nomi dei nuovi boss che disprezzava: come Gino u mitra, Gino Abbate, boss palermitano della Kalsa. “Fa più schifo di qualcuno che lo ha generato e lo fate passare per mafioso? I veri mafiosi sono altri, sono in giro”.