CATANIA – “Siamo addolorati e confusi e ci stringiamo attorno alle due giovani vittime del brutale delitto perpetrato il 30 gennaio nel Giardino Bellini di Catania. Siamo stanchi di vedere il nostro duro lavoro vanificato dalle decine di ‘norme paletto’ che di fatto impediscono ai magistrati di incarcerare i delinquenti, quelli che poi continuano indisturbati nelle loro condotte criminali”. Il sindacato di polizia Siap non ci sta. E vuole dire la sua sulla condizione della città dopo lo stupro della tredicenne.
“È vero – spiega il segretario provinciale Tommaso Vendemmia -, la coperta è corta: non ci sono sufficienti vigili e telecamere, e la città è divisa tra polizia e carabinieri talvolta in modo non funzionale. Ma questo non può essere un alibi, ed episodi come quello accaduto a Catania non sono accettabili. Nonostante ciò, le risposte da parte delle forze dell’ordine, in termini di arresti e denunce, ci sono. Tutti i poliziotti, carabinieri e finanzieri ‘abili’ sono in strada – spesso con doppi turni – a eseguire posti di blocco, controlli, ad adoperarsi per le tantissime chiamate ai numeri di emergenza. Parliamo di circa 2.500 interventi al mese: codici rossi, rapine, furti, etc”.
Il Siap scende più in profondità: “I decreti legge sul degrado urbano sulla sicurezza e sull’immigrazione emanati dai governi precedenti hanno burocratizzato la macchina della sicurezza, rendendo difficile e talvolta inutile la loro applicazione sul territorio. La città di Catania è diventata un centro di raccolta di minori stranieri non accompagnati e migranti sbarcati in Sicilia, ospitati al momento nell’ex hub vaccinale di via Forcile, a due passi dal centro e dai lidi della Plaia. È stato chiuso il Cara di Mineo per aprirne uno in città. Ma si è certi che siano queste le migliori politiche di gestione del fenomeno migratorio, piuttosto che realizzare diversi centri di accoglienza sul territorio urbano? Tra le pene minime innalzate e le norme ‘super garantiste’, la carcerazione, de facto, non è mai consentita ed è sostituita da denunce a piede libero. A questo si aggiunge la recente riforma Cartabia che prevede, tra le altre cose, la non procedibilità d’ufficio per alcuni reati. I processi continuano ad avere durate ultra quinquennali e per il nostro sistema, il reo non è tale se non dopo sentenza definitiva”.
Il segretario ricorda che “aumentano i reati di resistenza a pubblico ufficiale, le rapine e le aggressioni da parte di bande di ragazzini non solo presso il Giardini Bellini, ma praticamente in tutti i luoghi della movida e per le strade del centro, ora – incredibilmente – anche in pieno giorno. E perché i cittadini non chiamano i numeri di emergenza? Chissà chi nel cuore porta il peso di non aver chiamato il 112 quel maledetto 31 gennaio scorso! Il mondo politico locale, bipartitisan, non può di certo limitarsi a puntare il dito sulla mancanza di telecamere o forze dell’ordine, mentendo sapendo di mentire. Si deve agire in modo sinergico, cittadini e istituzioni insieme, senza demagogie politiche: la sicurezza non ha colore ed è di tutti. Manca il dialogo, il confronto, si resta inascoltati e non se ne comprende il motivo; probabilmente per superficialità o, peggio, supponenza. È imperativo agire, e agire subito, anche e soprattutto coinvolgendo le parti sociali”.
Vendemmia sottolinea infine che “l’episodio della villa Bellini è stato preceduto da uno analogo alcuni anni fa, e anche allora si invocò l’intervento dell’esercito, ma qualcuno si è reso conto che da allora a oggi non si è fatto praticamente nulla? In questa città esistono presidi di vigilanza che assorbono oltre 70 agenti e molti altri carabinieri, tra tribunali, ospedali, sedi istituzionali e decine di altre vigilanze. Sì, i militari potrebbero essere una soluzione per i presidi, per svincolare le forze dell’ordine e creare oltre 30 equipaggi per il controllo del territorio. Questa purtroppo è la città dell’immobilismo; al dinamismo viene preferita la staticità e tutto rimane fermo. Importanti misure come l’unificazione delle sedi di polizia e carabinieri sparse nel territorio catanese, con costi inaccettabili in termini di risorse economiche e umane, non vengono attuate e a pagare il conto sono sempre e solo i cittadini”.