CALTANISSETTA – “Antonello Montante si complimentò con me perché avevo deciso di difendere Crocetta nel suo ruolo istituzionale a proposito di un intervento del presidente del consiglio di allora Matteo Renzi che ritenni fuori le righe”. Così il ministro Nello Musumeci che sta deponendo come teste al processo sul cosiddetto ‘sistema Montante’ che si sta celebrando nell’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta. L’ex presidente di Sicindustria è già stato condannato a 8 anni di carcere dalla Corte d’Appello di Caltanissetta perché accusato di essere stato a capo di un’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e allo spionaggio.
“Esaltava questo mio spirito istituzionale – ha continuato Musumeci – che a lui appariva assolutamente inedito. Lui ci teneva a ringraziarmi e a dirmi che non aveva alcun pregiudizio nei miei confronti. Io apprezzai visto che arrivava da quello che io ritenevo un avversario. Mi disse che voleva incontrarmi per un caffè e spiegarmi tante cose di cui non ero a conoscenza”. Musumeci rispondendo alle domande del pm Davide Spina ha raccontato il suo primo incontro con l’ex leader di Confindustria condannato a 8 anni di carcere per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo al sistema informatico.
“A quel punto ci incontrammo – racconta Musumeci – e mi chiese dei miei figli. Gli raccontai di mio figlio che era morto giovanissimo per un infarto e dell’altro mio figlio che faceva l’attore ed era all’avvio della sua carriera artistica. Lui mi disse che se volevo poteva parlare con il direttore artistico del Teatro Stabile di Catania. A chiusura del primo incontro mi disse cosa volevo che facesse per me. Io dissi nulla e che semmai poteva organizzare un incontro con i vertici della sua associazione”.
“Montante faceva sempre notare nei suoi discorsi che disponeva di tante amicizie e che se avessi avuto bisogno poteva intervenire lui. Mi disse che il direttore di Panorama Giorgio Mulè era suo cugino e che se avevo bisogno di una sua intervista poteva intervenire lui. Io dissi che semplicemente avrei voluto che la stampa non avesse pregiudizi nei miei confronti. Dopo qualche tempo ricevetti in effetti la chiamata di Mulè ma non rilasciai alcuna intervista”.
“Avevo interesse a far saltare questo patto tra il mondo imprenditoriale da una parte e la sinistra dall’altra – ha aggiunto Musumeci -. Incontrare ed entrare in un dialogo con il mondo imprenditoriale per me significava aprire una pagina nuova. Mostrò disponibilità e mi fissò un altro incontro in agosto 2015 e incontrai il rappresentante dell’organizzazione. Fu un incontro più da presentazione che da confronto con l’impegno che ci saremo rivisti. Impegno che non si è poi concretizzato”.
“L’assessorato ai Rifiuti inevitabilmente godeva della influenza di Antonello Montante perché tra gli uomini di Montante c’era Catanzaro, che gestiva una delle discariche più importanti in Sicilia. Io da presidente della commissione antimafia l’ho sentito e interrogato più volte. Era un’influenza strutturale non politica. Il condizionamento del ‘cerchio magico’ – ha specificato Musumeci – era evidente. Il cerchio magico è una sorta di loggia dove ognuno ha un ruolo e tutti si lavora per mantenere saldo il controllo del potere politico ed economico. Nel governo di Rosario Crocetta il potere politico era curato da Lumia e Crocetta era una sorta di esecutore. E il potere economico era curato da Montante”.
“Di questo cerchio magico faceva parte anche la dottoressa Monterosso, segretario generale della Regione. Per un certo periodo anche il presidente o commissario di Riscossione Sicilia, l’agenzia che aveva il compito di riscuotere le tasse, cioè l’avvocato Antonio Fiumefreddo. Il cerchio magico era una struttura particolarmente elastica. Ne faceva parte anche il dottore Antoci che insieme a Montante era uno degli apostoli dell’antimafia in Sicilia. Io sono intervenuto per rimuovere Antoci dalla carica di presidente dell’Ente Parco dei Nebrodi”.