PALERMO – Sono stati individuati i presunti responsabili della rissa del 10 dicembre scorso a Palermo, con diversi colpi di pistola sparati in aria in pieno centro tra centinaia di ragazzi che passavano la serata nei locali della zona. Si tratta di Marco Cucina, 30 anni, Salvatore Miceli, 21 anni, e Salvatore Emanuele, 27 anni. A vario titolo rispondono tutti di rissa aggravata e solo a Cucina vengono contestati il reato di porto in pubblico di arma da fuoco e la nuova norma introdotta dal decreto Caivano.
A sparare sarebbe stato Marco Cucina, pluripregiudicato. Le immagini girate dalle videocamere di sorveglianza dei tanti locali della zona, un video postato sui social e le testimonianza di diversi commercianti attribuiscono a lui il ruolo principale nella vicenda che ha scosso la città. Un episodio allarmante a cui oggi sono seguite tre misure cautelari: il carcere per Cucina, e, rispettivamente, i domiciliari per Salvatore Emanuele, anche lui pregiudicato, e l’obbligo di dimora per Salvatore Miceli.
Secondo i carabinieri durante una rissa Cucina ha sparato in aria, prima in via Quintino Sella, vicino al locale Bonsignore, poi ha esploso 6 colpi in via Isidoro La Lumia, nei pressi del locale Pitto. A terra in via La Lumia i militari, avvertiti da una telefonata, hanno trovato quattro bossoli calibro 9 lager uguali a quello ritrovato in via Quintino Sella, dove c’erano anche tracce di sangue appartenenti, secondo gli investigatori, a Salvatore Emanuele, coinvolto nella lite insieme a Miceli. Gli inquirenti hanno scoperto per primo il ruolo di Cucina, poi sono risaliti agli altri due accertando che erano soliti incontrarsi in un bar dello Sperone.
Il 13 dicembre scorso, durante un controllo, Cucina temendo di essere stato scoperto, alla vista dei carabinieri era scappato. Era stato rintracciato a casa dove aveva subito una perquisizione. In quell’occasione Emanuele, all’epoca non identificato come uno dei partecipanti alla rissa, aveva fatto resistenza ed era stato arrestato per poi essere liberato poco dopo. Con i due c’era Miceli con evidenti ferite al volto. Gli esiti delle perquisizioni e gli altri elementi hanno ora consentito ai militari di chiudere il cerchio sull’episodio.
Per la vicenda ha trovato la prima applicazione il cosiddetto decreto Caivano che prevede misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile. E’ stato infatti contestato agli indagati il neo articolo 421 bis del codice penale che punisce “chiunque, al fine di incutere pubblico timore o di suscitare tumulto o pubblico disordine o di attentare alla sicurezza pubblica, fa esplodere colpi di arma da fuoco o fa scoppiare bombe o altri ordigni o materie esplodenti “.