PALERMO – “Il gatto stava malissimo, ha 13 anni. Sì è vero, è stato accompagnato in auto blu dal veterinario. Mia figlia mi diceva di portarlo subito a controllo, e onestamente dico che lo rifarei. Se ho commesso forzature nell’uso della vettura me ne assumo le responsabilità, ma ho fatto tutto in buona fede. Non c’è mai stata da parte mia la consapevolezza di commettere abusi”. Gianfranco Miccichè spiega le sue ragioni dopo averle esposte al gip durante l’interrogatorio nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Palermo in cui è indagato per peculato, truffa e false attestazioni per l’uso dell’auto assegnata dall’Assemblea siciliana in quanto ex presidente.
“Oggi ho scritto all’amministrazione di Palazzo dei Normanni per comunicare che rinuncio all’auto blu. Non lo faccio perché c’è una indagine in corso nei miei confronti, ma perché mi rendo conto che non mi serve”, aggiunge Miccichè. “Sono sereno, ho spiegato al giudice le mie ragioni. Vivo a Sant’Ambrogio, per cui l’auto blu, e il regolamento dell’Assemblea siciliana lo consente, faceva la tratta Palermo-Cefalù. Non ho mai fatto una vacanza con la vettura istituzionale, se ho commesso forzature, come il passaggio al gatto o qualche altra piccola leggerezza, ne pagherò il prezzo, per carità. Rilevo che mi vengono contestati poco più di 2 mila euro”.
Tra quelle che definisce possibili “forzature” Miccichè cita il trasporto in auto blu da Palermo e Cefalù di alcune teglie di pasta al forno. “Era il mio compleanno, avevo 40 politici invitati. Ho sbagliato? Pagherò. Sant’Ambrogio, dove vivo e ho la residenza, si trova sopra Cefalù. Non ci sono farmacie, non c’è un bancomat, non c’è un tabaccaio. Se avere chiesto di farmi avere dei farmaci o un prelievo di denaro nell’ambito della tratta prevista per venirmi a prendere è una forzatura allora la pagherò, ma obiettivamente non mi sembrano episodi così grandi”.