CATANIA – Beni del valore di oltre 3 milioni di euro sono stati sequestrati a Carmelo Militello, detto “a Pizza”, pregiudicato adranita 51enne ritenuto esponente del clan Tomasello-Mazzaglia-Toscano attivo tra Adrano e Biancavilla e legato alla famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano. Il provvedimento emesso dal tribunale di Catania riguarda le imprese intestate ai due figli di Militello, Miriana e Nicolò: M.M. Logistic con sede ad Adrano e M.N. Trasporti S.r.l. con sede legale a Biancavilla.
In realtà era il padre a gestirle direttamente. Queste società per anni sarebbero state sotto il controllo delle organizzazioni mafiose e non avrebbero lasciato spazio alla concorrenza proprio in virtù di un patto siglato tra i vertici criminali dei due comuni etnei. Le indagini patrimoniali hanno accertato l’illecita formazione del patrimonio finanziario ed evidenziato una “notevole sperequazione” tra il reale tenore di vita della famiglia e i redditi dichiarati, giustificabile solo attraverso il riciclaggio dei proventi illeciti generati appunto dall’appartenenza di Militello alla criminalità organizzata.
Secondo coincidenti e dettagliate dichiarazioni dei diversi collaboratori di giustizia, infatti, la figura del 51enne è stata stata scelta e imposta sia dai vertici dell’associazione mafiosa di Biancavilla, ovvero prima dai fratelli Vito e Pippo Amoroso, con il beneplacito di Alfio Ambrogio Monforte, e poi da Giuseppe Mancari, detto ‘u Pipi’, sia dal clan Santangelo-Scalisi di Adrano.
L’indagato avrebbe avuto il ruolo di prestanome e a lui sarebbe stata affidata la gestione della cosiddetta “agenzia” di Biancavilla, deputata al carico delle merci, soprattutto prodotti agroalimentari, i cui introiti sarebbero andati per la maggior parte al clan. In sostanza l’agenzia avrebbe avuto un ruolo di intermediazione tra i titolari dei magazzini che raccolgono i prodotti lavorati nei campi e gli autotrasportatori, pretendendo da entrambi delle somme di denaro in percentuale al peso della merce da trasportare. Questa condotta sembra integrare una estorsione in piena regola, obbligatoria per poter lavorare su quel territorio, notoriamente ricco di aziende agrumicole, che alterava il mercato senza possibilità di scelta di servizi alternativi, e che veniva alimentata dalla forza intimidatrice delle famiglie mafiose.
Oltre alle società il decreto di sequestro ha colpito la villa di famiglia situata a Santa Maria di Licodia di circa 170 mq su 3.500 mq di terreno, con piscina delle dimensioni di oltre 16 metri. Come accertato dagli investigatori, infatti, anche questo immobile è stato costruito adoperando capitali illeciti.