CASTELDACCIA (PALERMO) – Sono scesi in tre nella prima ‘stanza’ dell’impianto fognario per cercare di liberare la sonda di spurgo che era bloccata. Dopo ore di tentativi, all’improvviso, il tappo di liquami che impediva il lavoro della sonda è saltato e una massa di liquami e gas li ha investiti facendogli perdere i sensi. Gli operai sono precipitati nella vasca 3 metri più sotto. Sarebbe questa la dinamica dell’incidente costato la vita a 4 operai della Quadrifoglio Group e a un interinale dell’Amap.
Le vittime, dal 29 aprile scorso, lavoravano allo spurgo di cinque tombini che erano stati coperti con l’asfalto, dopo lavori sulla strada eseguiti dall’Anas. Lunedì scorso era in programma lo spurgo del pozzetto vicino alle cantine della Corvo Duca di Salaparuta. Il lavoro si sarebbe dovuto svolgere dalla strada, dove un’autospurgo con una sonda avrebbe dovuto ripulire la vasca. Ma gli operai – nella squadra c’era anche Epifanio Alsazia, 71 anni, la più anziana delle vittime, contitolare della ditta – non riuscivano a far passare la sonda. Per poter andare avanti avrebbero chiesto al direttore dei lavori e responsabile sicurezza di Amap Gaetano Rotolo di poter scendere al primo livello dell’impianto.
La ricostruzione spiega perché i lavoratori della società che gestiva la rete fognaria per Amap in subappalto si trovassero nell’impianto e non in superficie come prevedeva il contratto. Vedendo che i primi tre operai non risalivano, sono scesi altri tre colleghi tra cui Giuseppe La Barbera, l’interinale che aveva mansioni di accertatore, doveva cioè vigilare sulle transenne piazzate in strada. Intanto il gas killer era risalito e li ha investiti. Due sono stati trovati morti, uno è in fin di vita. Per recuperare i compagni precipitati nella vasca sono serviti i sommozzatori dei vigili del fuoco.
IL RACCONTO DEI SOPRAVVISSUTI. “Ha detto che voleva andare lui. E’ stato il primo a scendere nell’impianto. Si poteva godere la pensione e invece era sempre il primo a intervenire”. E’ quanto racconta Paolo Sciortino, uno degli operai scampato alla strage di Casteldaccia, ricostruendo la dinamica dell’incidente costato la vita a 5 colleghi, e ricordando che a scendere per primo nell’impianto sotterraneo e a essere ucciso dal gas è stato il suo capo, il contitolare della ditta che faceva i lavori di manutenzione delle fogne, Epifanio Alsazia. Nessuno dei colleghi, non vedendolo risalire, ci ha pensato un secondo. Sono scesi uno dietro l’altro in soccorso del capo della Quadrifoglio Group srl, molto amato dai suoi dipendenti. “Era il primo a intervenire quando qualcosa andava storto”, ricorda Sciortino.
I sopravvissuti alla strage dovranno spiegare perché il titolare è sceso nella vasca, nonostante il contratto d’appalto sottoscritto dalla ditta non lo prevedeva, e se era successo altre volte come dice qualcuno. “Ho sentito una voce che gridava ‘Aiuto, aiuto. Venite qua, venite qua’, e mi sono avvicinato. Di solito è un intervento che si fa con la mascherina”, aggiunge Sciortino, che si è salvato perché è stato l’ultimo a entrare nell’impianto e si è fermato in tempo. Ora è ricoverato all’ospedale di Termini Imerese. “Non era la prima volta che intervenivamo, già in altre due occasioni abbiamo lavorato lì e non c’era questa situazione, stavolta è accaduto qualcosa”, dice.
DIPENDENTE QUADRIFOGLIO: “LAVORO DI ROUTINE”. “Da diversi anni lavoriamo nel settore, sia per quanto riguarda le fognature che gli acquedotti. La Quadrifoglio Group, che ha sede a Partinico, opera con appalti nelle province di Palermo e Trapani. Quello effettuato a Casteldaccia, per conto dell’Amap, è una tipologia di lavoro abbastanza frequente. Rientra nella routine”, spiega Alfredo Partexano, uno dei dipendenti della Quadrifoglio Group. Non riesce a spiegarsi quanto è accaduto ieri ai suoi colleghi che conosceva bene. “Ci vedevamo in azienda anche se io mi occupo di un altro settore, quello dell’amianto – aggiunge -, noi compriamo regolarmente i dispositivi di sicurezza che vengono utilizzati negli interventi. Le indagini accerteranno se i colleghi li indossavano oppure no. La nostra è una ditta specializzata e la squadra intervenuta a Casteldaccia era esperta. La nostra azienda tiene molto alla sicurezza. Mi sorprenderei se venisse accertato che non avevano i dispositivi di protezione”.
DITTA SOTTO SEQUESTRO. Intanto, la sede della Quadrifoglio Group è stata posta sotto sequestro. L’ingresso è presidiato da una pattuglia della polizia. Ieri la polizia era andata nella sede della ditta prendendo documenti, contratti di appalto e le schede degli operai che lavoravano per conto dell’impresa a Casteldaccia. E’ emerso anche che la società Quadrifoglio Group aveva avuto in subappalto dalla Tek, che si era aggiudicata l’appalto dall’Amap, i lavori di manutenzione della rete fognaria di Casteldaccia. Sulla strage la Procura di Termini Imerese ha aperto un fascicolo, ancora a carico di ignoti, con l’ipotesi di omicidio colposo plurimo.
GRAVE OPERAIO 62ENNE. Intanto sono sempre gravissime le condizioni di Domenico Viola, l’operaio 62enne ricoverato in terapia intensiva al Policlinico di Palermo “per il danno multiorgano da tossicità diretta e da insufficienza polmonare con distress respiratorio”, come dicono i medici. Viola è stato l’ultimo a entrare tra i cunicoli e il primo a essere preso dai vigili del fuoco e intubato dai sanitari del 118. A scampare alla tragedia sono stati Giovanni D’Aleo, 44 anni, Giuseppe Scavuzzo, 39 anni, e Paolo Sciortino, di 35.
Sui corpi dei 5 morti (Epifanio Alsazia, 71enne di Partinico, cotitolare della ditta Quadrifoglio; Giuseppe Miraglia, 47enne di San Cipirello; Roberto Raneri, 51enne di Alcamo; Ignazio Giordano, 59enne di Partinico; Giuseppe La Barbera, 28enne di Palermo) si dovranno eseguire le autopsie per accertare le cause della morte, quasi certamente provocata dall’idrogeno solforato che hanno respirato e che si trovava in una concentrazione dieci volte superiore ai limiti in quei cunicoli.
LE ALTRE TESTIMONIANZE. “Ho lavorato fino alle 10 nella vasca e tutto è filato liscio. Mi ha dato il cambio mio cugino Giuseppe Miraglia (una delle vittime della strage di Casteldaccia ndr). Poi è successo qualcosa d’imprevisto”, racconta D’Aleo. Gli operai avevano iniziato il lavoro alle 8 e dopo due ore si erano dati il cambio. D’Aleo sarebbe andato a rifocillarsi dopo essere stato per ore nella zona della vasca dell’impianto. “Ho capito subito che era accaduto qualcosa di grave e ho dato l’allarme”, ha aggiunto in lacrime l’operaio.
Il più giovane, La Barbera, secondo il racconto dei sopravvissuti ha sentito il collega urlare perché tre di loro non davano più segni di vita dopo essere scesi per depurare la vasca della fogna e si è precipitato verso la botola. Quindi è morto per aiutare gli altri quattro. Era l’unico a non essere a libro paga della ditta Quadrifoglio. Proprio l’Amap aveva arruolato La Barbera come interinale da una agenzia. “Non avendo perfezionato le assunzioni dirette ci rivolgiamo alle agenzie in caso di necessità”, dice Alessandro Di Martino, amministratore unico di Amap.
Il figlio di Ignazio Giordano è un infermiere e ha saputo della tragedia accaduta al padre mentre si trovava al lavoro all’ospedale Ingrassia in corso Calatafimi. Sapeva che il padre stava lavorando nel cantiere a Casteldaccia e ha cercato di mettersi in contatto con lui più volte, ma il telefono squillava invano. “Ha compreso subito che stava avvenendo qualcosa di terribile – raccontano i colleghi -. Non riusciva a mettersi in contatto con i familiari. Sono stati attimi terribili per tutti. Poi è arrivata la conferma. Una tragedia”.