Depistaggio Borsellino: prescrizione per poliziotti

Il verdetto a Caltanissetta: caduta aggravante mafiosa VIDEO

CALTANISSETTA – A voler leggere tra le righe del dispositivo un passo in più è stato fatto, ma la verità giudiziaria sulla strage di via D’Amelio, che costò la vita al giudice Paolo Borsellino, resta lontana, sepolta dalla prescrizione che, a distanza di 32 anni dai fatti, impedisce ancora una volta di avere un verdetto di colpevolezza su quello che i giudici definirono “il più grave depistaggio della storia repubblicana”. La corte d’appello di Caltanissetta, come fece il tribunale, ha dichiarato prescritte le accuse di calunnia aggravata dall’aver favorito la mafia contestate al funzionario di polizia Mario Bo e all’ispettore Fabrizio Mattei, investigatori del pool che condusse le indagini sulle stragi mafiose del ’92. Stessa decisione è stata presa per il terzo imputato, l’agente Michele Ribaudo che, invece, in primo grado era stato assolto per mancanza di dolo.

In attesa delle motivazioni della sentenza è certo che il collegio, optando per la prescrizione, non ha ritenuto di poter assolvere i tre imputati nel merito. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, sotto la guida dell’allora capo della Mobile Arnaldo La Barbera, poi deceduto, i tre investigatori avrebbero costruito a tavolino una falsa verità sull’attentato, costringendo personaggi come Vincenzo Scarantino, piccolo contrabbandiere del quartiere Guadagna assurto al rango di superteste, a incolpare dell’eccidio mafiosi che con l’autobomba di via D’Amelio non c’entravano nulla. Da qui l’accusa di concorso in calunnia contestata ai tre imputati, aggravata, secondo l’accusa, dall’aver favorito la mafia.

“E’ stata esclusa l’aggravante mafiosa per tutti gli imputati ma, a differenza del primo grado, è stata riconosciuta la responsabilità dell’imputato Michele Ribaudo la cui posizione è stata dichiarata prescritta perché è passato troppo tempo dal momento dei fatti. Quindi è un mezzo accoglimento di quelli che sono stati i motivi di appello della procura generale e un totale rigetto di quelli delle altre parti”, ha commentato il procuratore generale di Caltanissetta Fabio D’Anna, pubblica accusa insieme al sostituto Gaetano Bono e al pm Maurizio Bonaccorso, applicato dalla Procura. “Tre soggetti – ha continuato D’Anna – li abbiamo sicuramente individuati, e sono gli odierni imputati, gli altri concorrenti sono deceduti o comunque nei loro confronti non si è proceduto”.

“A nome della famiglia Borsellino, che io rappresento, considerata l’assoluta serietà del collegio e rinviando ogni valutazione più approfondita alla lettura delle motivazioni, credo che oggi sia stato fatto un passo importante in relazione a quello che è stato opportunamente definito il più grave depistaggio della storia giudiziaria italiana”, ha detto l’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia del giudice Paolo Borsellino. “E’ una sentenza importante – ha spiegato – perché, benché abbia escluso l’aggravante agevolativa, amplia lo spettro della responsabilità sia di Mattei che di Ribaudo, e anche di Bo. Probabilmente la Corte riuscirà a spiegare bene i motivi per cui nonostante le nostre prospettazioni l’aggravante sia stata ritenuta insussistente”.

“Io sono soddisfatto – ha concluso – perché viene sancito, con fermezza, che tre appartenenti alla polizia di stato hanno concorso a depistare le indagini sulla strage di via D’Amelio e io ritengo che questo sia un fatto estremamente grave. Per certi diversi dispiace che a pagare siano solo loro perché questo processo presenta numerosi convitati di pietra che avrebbero dovuto essere sul banco degli imputati, ma purtroppo quando lo Stato esercita la propria potestà punitiva a 30 anni di distanza dagli eventi questo è il rischio che si corre”.

 

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