PALERMO – La polizia ha eseguito una misura cautelare nei confronti di 5 soggetti – due dei quali già condannati in via definitiva per associazione mafiosa – ritenuti responsabili di una serie di condotte reiterate di estorsione e illecita concorrenza con minaccia o violenza, aggravati dal metodo mafioso e di aver agevolato l’associazione mafiosa. Le indagini, condotte dallo Sco, dalla Sisco di Palermo e dalle squadre mobili di Agrigento e Palermo hanno permesso di ipotizzare il pervasivo controllo e la gestione illecita delle attività agro-pastorali sul territorio di Santa Margherita del Belice, Montevago e Sambuca di Sicilia fino al confine con Contessa Entellina (Palermo).
Gli indagati, avvalendosi della forza intimidatoria derivante dall’essere riconosciuti quali esponenti di vertice del mandamento mafioso di Santa Margherita di Belice, avrebbero attuato un controllo sull’economica agro-pastorale dell’area e sull’utilizzo dei fondi agricoli. Gli indagati avrebbero costretto i proprietari e i gestori dei terreni agricoli a cedere la disponibilità di ampie aree di terreno da adibire al pascolo abusivo del bestiame, imponendo il pagamento di canoni irrisori che, in taluni casi, non sarebbero stati nemmeno corrisposti.
Il controllo dei terreni agricoli si sarebbe tradotto anche in un divieto di esercitare attività agricole collaterali che alterassero il libero pascolo delle greggi, così imponendo un predominio su beni immobili altrui, anche funzionale alla massimizzazione dei profitti derivanti dalla produzione lattiero- casearia. Le indagini si sono avvalse anche del contributo di alcune vittime che si sono opposte al sistema di controllo del settore: in alcuni casi dopo la trebbiatura dai proprietari, le derrate sarebbero state acquisite e imballate dagli indagati, senza versare alcun corrispettivo.
Cinque, dei complessivi sei indagati, sono stati arrestati. Una misura – a carico del settantaduenne Pietro Campo – è stata notificata direttamente in carcere. Campo è il referente di Matteo Messina Denaro nella provincia di Agrigento: boss della famiglia di Santa Margherita di Belice, già in carcere con una condanna definitiva a 14 anni. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori dello Sco e delle squadre mobili di Palermo e Agrigento, Campo era uno dei pochissimi nella provincia di Agrigento ad avere il compito di interpretare i pizzini di Messina Denaro. Inoltre, a confermare il forte legame tra il numero uno di Cosa Nostra e Campo, ci sarebbe anche un video: è quello registrato dalle telecamere nascoste il 7 dicembre del 2009 in cui si vede un fuoristrada con a bordo due persone – una delle quali secondo gli investigatori è proprio Messina Denaro – transitare in una zona di campagna.
Quel terreno fa parte dell’azienda agricola di Pietro Campo in contrada Gulfa, tra Santa Margherita di Belice e Torre Pandolfina. A indicare Campo come referente di Messina Denaro, oltre agli elementi acquisiti con le indagini, sono anche due pentiti, Antonino Giuffré e Maurizio Di Gati, con quest’ultimo che ha riferito del ruolo di Campo come interprete dei pizzini del boss di Castelvetrano. A tenere i contatti con la mafia agrigentina, scoprirono gli investigatori grazie ai pizzini trovati nel covo di Bernardo Provenzano, tra il 2005 e il 2006 furono Filippo Guttaduro e Leo Sutera, indicati rispettivamente nei pizzini con ‘121’ e ‘il prof’.
Le altre quattro sono state invece eseguite durante la notte e sono stati condotti in un istituto penitenziario: Giovanni Campo di 33 anni, Piero Guzzardo di 45 anni (che è stato prima portato in Questura ad Agrigento) e Pasquale Ciaccio di 58 anni. Ai domiciliari invece è stato posto Domenico Bavetta di 42 anni.