Sequestro a trafficante di opere d’arte vicino a Messina Denaro

Nel mirino della Dia beni archeologici di ingente valore VD

PALERMO – La Direzione Investigativa Antimafia ha eseguito un decreto di sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione emessa dal Tribunale di Trapani, che riguarda beni tutelati da interesse storico, artistico e archeologico. In particolare, si tratta di svariate anfore di epoca tardo romana e un basamento di marmo riproducente scene mitologiche scolpite su tutti i lati, di età ellenistico-romana, tutti ritenuti di ingente valore, appartenenti a Giovanni Franco Becchina, 85 anni, di Castelvetrano, trafficante internazionale di opere d’arte, indicato dagli investigatori come collegato al boss Matteo Messina Denaro.

A carico del destinatario del provvedimento, si legge in una nota della Dia, “emergono numerosi indizi riguardo alla sua pericolosità, caratterizzata dall’essere un soggetto che trae il proprio sostentamento dalla propria attività di trafficante internazionale di reperti archeologici”. Dell’attività illecita svolta del trafficante avevano parlato in passato diversi collaboratori di giustizia.

La misura di prevenzione, emessa a fronte di una proposta del Direttore della Dia e del Procuratore della Repubblica di Palermo Maurizio de Lucia, ricalca analoghi provvedimenti scaturiti grazie alle indagini patrimoniali svolte dalla Direzione Investigativa Antimafia di Trapani che ha dimostrato la sproporzione tra le fonti di reddito e gli impieghi del nucleo familiare dell’indagato. Le opere d’arte, saranno adesso affidate per la custodia alla Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali al fine di renderle nuovamente fruibili alla collettività.

Becchina entra e esce da vicende giudiziarie legate a Matteo Messina Denaro ormai da anni. Indagato – inchiesta poi archiviata – per un progetto di furto del Satiro Danzante, ora custodito a Mazara del Vallo, che lo vedeva come mandante, è stato poi accusato di aver finanziato la latitanza del capomafia suo compaesano: entrambi sono nati a Castelvetrano. “Perché Gianfranco Becchina doveva dare queste cose e quindi dovevano andare a finire a Panicola per poi arrivare a chiddu, a Matteo Messina Denaro”, raccontò agli investigatori il dichiarante Grigoli, altro finanziatore del boss. Nel 2017 a Becchina furono sequestrati beni per milioni di euro. “Pur non riportando ad oggi condanne definitive per il reato di associazione mafiosa, le sue frequentazioni, i suoi ‘traffici’ e i rapporti diretti con gli ambienti della criminalità organizzata di tipo mafioso castelvetranese rendono, infatti, attuale e rilevante il suo grado di pericolosità ‘qualificata’”, si leggeva nel provvedimento di sequestro del 2017.

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