La sindrome metabolica è un nemico pericoloso quanto silenzioso caratterizzato da un quadro clinico complesso con la presenza simultanea di varie condizioni: diabete, pressione alta, obesità, una grande circonferenza del girovita (obesità viscerale), quest’ultima dovuta a un eccesso di grasso addominale intorno agli organi interni come: il fegato, il pancreas e l’intestino, e le alterazioni dei livelli ematici di colesterolo e altri grassi (dislipidemia). Diabete, pressione alta e obesità sono correlati tra di loro e sono sempre più comuni nella popolazione a causa di abitudini e stili di vita errati. Questo spiega la larga diffusione della sindrome metabolica che, attualmente, interessa una persona adulta su quattro. Anche i bambini e gli adolescenti possono sviluppare la sindrome metabolica.
La sua frequenza è stimata intorno al 4% nella popolazione pediatrica generale, raggiungendo il 30% nei bambini con obesità. La sindrome metabolica inizia con l’unico segno esterno che è appunto la “pancetta”. Anche per questo motivo tale condizione viene diagnosticata casualmente, durante accertamenti eseguiti per altre motivazioni. Ecco i motivi che hanno spinto l’Unità operativa complessa di Medicina Interna dell’Ospedale di Enna, diretta da Mauro Sapienza, ad organizzare un meeting per mettere a confronto sul tema gli specialisti ospedalieri, universitari e territoriali. Buona parte di questi pazienti, in costante aumento, vengono ricoverati in Medicina interna e l’ultimo SDO, il rapporto annuale sui ricoveri ospedalieri del Ministero della Salute, ha confermato ancora una volta come i ricoveri in Medicina Interna nel nostro Paese siano i più numerosi. Su circa 5,5 milioni di pazienti ricoverati ben 842 mila affluiscono nei reparti di Medicina.
“Si rende necessario un percorso di valutazione dei bisogni di salute e una riprogrammazione degli interventi per rispondere a essi e ancora ottimizzare l’impiego delle risorse in termini di prevenzione, appropriatezza e continuità delle cure – ha spiegato Sapienza – diviene indispensabile anche lo scambio tra Asp, Università e sanitari in quanto braccia operative; inoltre, nonostante le risorse messe in campo per potenziare la medicina territoriale, rimane il problema dell’integrazione tra ospedale e territorio, uno scambio spesso solo virtuale e di carattere amministrativo che non risponde alle nuove sfide richieste”.