Mentre arrivano i messaggi istituzionali del presidente Sergio Mattarella (“Con atti spietati di guerra la mafia voleva piegare lo Stato e sottomettere la società, lo abbiamo impedito”) e della premier Giorgia Meloni (“La lotta a Cosa nostra per il governo è una priorità assoluta”), il Movimento 5 stelle ricorda il trentaduesimo anniversario della strage di via D’Amelio con parole fortemente critiche. “Queste celebrazioni – affermano i rappresentanti del M5s nelle commissioni Giustizia e Antimafia – arrivano in un contesto oscuro in cui tanti fanno memoria formale ma tradiscono l’insegnamento di Paolo Borsellino. Si pensi al metodo adottato dai due giudici secondo cui i fatti criminali vanno visti nel loro intreccio complessivo: la commissione Antimafia sta facendo l’opposto. La presidente e la maggioranza hanno deciso di circoscrivere i lavori sul biennio 1992-93 solo a una ricostruzione della strage di Via D’Amelio, escludendo approfondimenti su quella di Capaci, sulle esplosioni di via dei Georgofili, via Palestro, San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro, sull’autobomba in via Sabini a Roma, sul fallito attentato allo Stadio Olimpico. E’ una scelta ingiustificata, non si vogliono portare a galla i collegamenti tra questi eventi e il ruolo di primo piano ricoperto da esponenti delle istituzioni e dell’estremismo nero nella realizzazione di quei fatti criminosi e nei successivi depistaggi”.
Quindi l’attacco al centrodestra: “Sbatte la porta in faccia ai parenti delle vittime di quelle stragi. Sono tanti gli interrogativi a cui la commissione dovrebbe rispondere. Tra gli altri: chi erano i soggetti esterni di sesso femminile che parteciparono alle stragi di Firenze e Milano? Chi aggiunse una dose supplementare di esplosivo nel furgone in via Georgofili dopo che i mafiosi avevano ultimato il loro compito? Chi indusse Riina a non uccidere Falcone a Roma con modalità tradizionali ma con un attentato dalle modalità eclatanti che richiedevano un livello elevatissimo di competenze tecniche? Chi dopo la strage di Capaci cancellò alcuni files dalle agende elettroniche di Falcone? Quale fu nelle stragi il ruolo di Paolo Bellini, esponente della destra eversiva e uomo collegato ai servizi, condannato per la strage compiuta a Bologna su mandato di Gelli e di Umberto Federico D Amato, vertice dei servizi? Gli interrogativi sono tanti, tutti corroborati da riscontri investigativi che il M5s ha riunito in una memoria inviata alla presidente Colosimo nel 2023 e che imporrebbero alla Commissione di indagare a tutto campo, per giungere a ricostruzioni di ampio respiro. La stessa scelta selettiva è stata fatta dalla maggioranza su via D’Amelio: il centrodestra ha già una verità preconfezionata in tasca. Si indaghi pure sulla pista ‘mafia-appalti’, ma a che titolo si chiudono gli occhi sulle risultanze processuali che attestano che i soggetti coinvolti nella strage appartengono agli stessi ambienti criminali operativi nella strage di Capaci e in quelle del 1993? Perché ostinatamente si nega l’audizione di Pino Arlacchi sulle confidenze da lui ricevute da Falcone poco prima del 23 maggio ’92 sulle deviazioni che aveva accertato negli ambienti istituzionali e invece si ascoltano teste sconosciuti ai più? Evidentemente ci sono verità ancora nascoste che il centrodestra non è interessato a far emergere”.
Ricordando la morte di Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, Mattarella sottolinea che “la tremenda strage di via D’Amelio, 57 giorni dopo l’attentato di Capaci, ha costituito l’apice della strategia terroristica condotta dalla mafia. Gli assassini a capo dell’organizzazione criminale sono stati assicurati alla giustizia, il sacrificio di chi ha difeso la legalità e la libertà è divenuto simbolo di probità e di riscatto. Ora il testimone è nelle mani di ciascuno di noi”.
“Il primo pensiero è rivolto ai familiari dei caduti – dice il presidente -, al loro infinito dolore, alla dignità con cui, a fronte della disumana violenza mafiosa, hanno saputo trasmettere il senso del bene comune e hanno sostenuto la ricerca di una piena verità sulle circostanze e i mandanti dell’attentato. Questa ricerca è stata ostacolata da depistaggi. Il cammino della giustizia ha subito tempi lunghi e questo rappresenta una ferita per la comunità. Il bisogno di verità è insopprimibile in una democrazia e dare a esso una risposta positiva resta un dovere irrinunciabile”, esorta Mattarella. “Paolo Borsellino, e con lui Giovanni Falcone, hanno inferto con il loro lavoro colpi decisivi alla mafia. Ne hanno disvelato trame e dimostrato debolezze, lasciando un’eredità preziosa, non soltanto per indagini e processi. Hanno insegnato che la mafia si batte anche nella scuola, nella cultura, nella coerenza dei comportamenti, nel rigore delle Istituzioni, nella vita sociale. Questi insegnamenti continuano a segnare il dovere della Repubblica”.
Per la premier Meloni il giorno della strage “ha segnato profondamente la nostra nazione. È nostro dovere onorare la memoria di Borsellino e della scorta – scrive sui social – continuando a combattere ogni forma di criminalità e difendere i valori di giustizia e libertà per i quali hanno dato la vita. Noi non smetteremo mai di combattere per una società libera dalla paura e dall’oppressione mafiosa. La loro eredità ci spinge a rinnovare il nostro impegno nella costruzione di una società più giusta e sicura. L’Italia non dimentica”.
Un messaggio arriva anche dalla presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola: “A 32 anni dalla Strage di via d’Amelio, il Parlamento europeo rende omaggio al giudice Paolo Borsellino e a tutte le vittime di mafia. Continueremo senza remore la battaglia contro ogni forma di criminalità organizzata. E vinceremo”.