Una mensa di 3.500 anni fa, con stoviglie di ceramica ancora sul posto e alloggiamenti per i bracieri, probabilmente utilizzata dalle popolazioni nomadi del Caucaso meridionale. È la straordinaria scoperta effettuata a Tava Tepe, in Azerbaijan, da un team di archeologi diretto dal professor Nicola Laneri, docente di Archeologia e Storia dell’arte del vicino Oriente antico all’università di Catania, nel corso di una campagna condotta con il contributo del ministero degli Esteri.
Della scoperta l’archeologo parlerà, in anteprima, il 12 luglio al Naxos Archeofilm. Si tratta di una mensa a pianta circolare e verosimilmente tutta coperta da un incannucciato, superorganizzata. Per di più situata in una posizione panoramica, ben visibile dai viaggiatori che percorrevano la valle lungo il fiume Kura. Una scoperta unica sia per il tipo di scavo da cui è emersa, che apre un nuovo filone di indagini archeologiche in Azerbaijan, sia per la funzione che può aver avuto e su cui gli esperti dovranno ora applicarsi. Lo scavo infatti potrebbe aprire nuove frontiere nello studio delle antiche civiltà caucasiche e sulla loro organizzazione.
“È difficile trovare insediamenti come questo di questa epoca: generalmente si scavano i Kurgan (i tumuli sepolcrali costruiti sopra una tomba) oppure si cercano insediamenti fortificati da murature ciclopiche sulle montagne. Ma a tutti noi che ci occupiamo di questa regione interessa vedere come la componente nomadica si sia trasformata”, dice il professor Laneri, che co-dirige il progetto assieme al professor Bakhtiyar Jalilov dell’Azerbaijan national academy of science. Il lavoro, “iniziato nel 2018 con l’obiettivo di studiare le società del Caucaso Meridionale tra il IV e il I millennio A.C., si è poi concentrato nello scavare questo insediamento del 1.500 avanti Cristo”.
Secondo Laneri “il mistero ancora da scoprire è se ci fosse un intento cerimoniale o se il centro fosse una sorta di luogo di servizio per i viandanti. Infatti, in ‘cucina’ abbiamo trovato dei token, dei gettoni, di argilla con impronte umane. Questa scoperta ci aiuta a complicare la questione: questi gettoni a cosa servivano? La loro presenza ci fa pensare che c’era uno scambio ma non sappiano come avvenisse. Siamo di fronte a una comunità di nomadi ma nella zona ci doveva essere anche una comunità agricola. Quindi forse di poteva essere un elemento di scambio che non era mai stato visto prima, un elemento che denota una maggiore complessità dell’organizzazione sociale”. Ma c’è anche un altro aspetto “straordinario”, spiega il professor Laneri alla vigilia del suo rientro in Italia: “L’altissima densità di stoviglie. Sono stati ritrovati almeno 100 vasi”.