Clan e bancarotte: 10 arresti nel Catanese

Svuotavano società fallite per favorire i Pillera-Puntina NOMI-VIDEO

CATANIA – La guardia di finanza di Catania ha arrestato dieci persone (4 sono finite in carcere e 6 ai domiciliari) per bancarotta fraudolenta, riciclaggio e autoriciclaggio aggravati dal metodo mafioso per agevolare il clan Pillera-Puntina. Nell’operazione ‘Filo conduttore’, che ha visto impegnati oltre 60 militari delle Fiamme gialle, è scattato anche il sequestro preventivo di beni nella disponibilità degli indagati per 1.250.000 euro.

I 4 portati in carcere sono Antonio Alfio Messina, Antonino Zingale, Silvestro Zingale e Santo Finocchiaro. L’inchiesta è partita dal fallimento a fine 2018 di una società a responsabilità limitata di Pedara, che operava nel settore dell’installazione e manutenzione di impianti telefonici. Le investigazioni avevano portato all’applicazione di misure cautelari a carico di alcuni degli odierni indagati (Antonio Alfio Messina, Silvestro ‘Silvio’ Zingale e Antonino ‘Nino’ Zingale), e in particolare di 4 amministratori della ditta, accusati di aver sottratto il patrimonio aziendale a beneficio di un nuovo organismo societario, con sede legale a Trecastagni, sempre riconducibile a loro.

La ditta di Pedara era oramai gravata da ingenti debiti erariali per circa 8 milioni di euro. Con il travaso pressoché totale dell’operatività, dei beni, dei dipendenti e dei relativi immobili dall’una all’altra impresa, il fatturato della prima sarebbe stato azzerato a favore della seconda, la quale parallelamente avrebbe registrato una crescita esponenziale e proporzionale all’entità dei contratti ereditati dalla fallita.

Successivamente, nel 2021, a seguito di segnalazione dell’amministratore giudiziario nominato per la gestione della società sequestrata, le Fiamme gialle etnee hanno svolto ulteriori indagini, scoprendo il medesimo schema di svuotamento dell’operatività aziendale, già adottato con la prima società di Pedara, a danno dell’azienda in amministrazione giudiziaria mediante il progressivo depauperamento dei pacchetti di contratti di prestazione di servizi, dirottati in favore di due nuove realtà imprenditoriali: una S.r.l. con sede a Mascalucia e socio unico un uomo legato da stretti vincoli parentali con la famiglia Pillera (figlio della sorella del capo clan Turi Pillera, detto “Turi Cachiti”) e una ditta individuale con sede a Misterbianco, costituita ad hoc e solo formalmente rappresentata da una persona estranea alla famiglia mafiosa. Queste imprese, sebbene apparentemente di terzi, di fatto sarebbero risultate riconducibili al clan.

Il progressivo calo di fatturato dell’impresa in amministrazione giudiziaria avrebbe determinato gravi problemi di solvibilità, al punto da condurre alla declaratoria di liquidazione giudiziale nell’ottobre 2023 a seguito di istanza di auto-fallimento promossa dallo stesso amministratore giudiziario su autorizzazione del locale gip. Le stesse aziende sarebbero state inoltre utilizzate alla stregua di strumenti di riciclaggio per immettervi i beni e i proventi oggetto di distrazione a danno delle società poi fallite.

I domiciliari sono scattati per il legale rappresentante della ditta individuale di Misterbianco, due dipendenti della società fallita di Trecastagni, un dirigente e due dipendenti dell’operatore economico affidatario delle commesse alle società riconducibili al sodalizio criminale.

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