Modica, pazienti psichiatrici visitano mostra di pittura

di Nuccio Sciacca. Tema principale l’autoritratto per svelare angosce e desideri nascosti

MODICA (RAGUSA) – Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) una persona su otto vive sul nostro pianeta con un disturbo mentale più o meno grave. La stessa OMS ha recentemente pubblicato la terza edizione delle linee guida “Mental Health Gap Action Programme (mhGAP) guideline” che include indicazioni e raccomandazioni importanti e aggiornate in materia di trattamento e cura dei disturbi mentali, dei disturbi neurologici e di abuso di sostanze. Inoltre la cura della malattia mentale deve mirare alla riabilitazione in ambito sociale, relazionale ed esistenziale e non più esclusivamente alla riduzione dei sintomi. E’ quindi importante un approccio basato sulla recovery “che ponga l’enfasi sul sostegno agli individui con disturbi mentali e disabilità psicosociali nella realizzazione delle proprie aspirazioni e obiettivi”.

A questa prospettiva terapeutica di ampio respiro, che affonda le sue radici nel pensiero basagliano, si ispira anche il lavoro che sta svolgendo il Centro Diurno dell’Unità Operativa Complessa di Psichiatria 2 di Modica di cui è responsabile Giorgio Garofalo che con Mariacristina Tomaselli, dirigente psicologo, ed Elisabetta Rizza, tecnico della riabilitazione psichiatrica, insieme al Maestro Salvatore Fratantonio, hanno accompagnato gli utenti di comunità e del Centro Diurno, alla mostra dal titolo particolarmente evocativo “Autoritratto. Il senso e l’essenza” al Palazzo dei Mercedari nella stessa Modica. Il maestro Fratantonio ha un rapporto di lunga durata con il Centro di Salute Mentale di Modica, dove, da numerosi anni, si occupa della conduzione di laboratori di pittura. Si tratta di una mostra impegnativa, intensa, una mostra che interroga sulle questioni nodali della vita a partire dal tema dell’autoritratto.

L’autoritratto è, infatti, un modo per dipingere l’invisibile: chi sono? Cosa desidero? Cosa mi abita? Cosa mi angoscia? Cosa mi pacifica? Su tali questioni hanno riflettuto gli utenti del servizio insieme alle operatrici e all’autore nel complesso percorso delineato dalla mostra. Attraverso l’immagine dell’albero, nella sua accezione simbolica, l’autore dipinge se stesso e, nella stessa misura, permette di ritrovare qualcosa di noi: il quadro permette diverse letture che spesso sono proiezioni di vissuti interni. La possibilità di fruire dell’arte come linguaggio che esprime emozioni, sentimenti profondi, come linguaggio che ci interroga sul senso che ha per ciascuno di noi la propria vita, ha permesso agli utenti di dialogarne in un contesto esterno agli ambienti strettamente sanitari. I quadri hanno rappresentato lo spunto per parlare apertamente delle esperienze personali e relazionali, permettendo agli utenti di sentirsi fruitori di arte, arte che ci permette di affrontare questioni nodali dell’esistenza attraverso la mediazione del dipinto, in un’area transizionale che ne permette un incontro pacificante.

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