Firenze

Caso Scieri, ecco le motivazioni dell'assoluzione del terzo uomo

Non c’è la prova che Andrea Antico, sottufficiale dell’esercito accusato insieme ad altri due ex caporali dell’omicidio di Emanuele Scieri si trovasse alla caserma Gamerra di Pisa la notte del 13 agosto 1999, quando il parà di leva morì. E’ sostanzialmente questa la motivazione principale con la quale la corte d’appello di Firenze ha motivato l’assoluzione di Antico, come riportano oggi La nazione e Il Tirreno. L’imputato era stato assolto anche in primo grado. Secondo i giudici d’appello “va osservato che il tema delle modalità e delle cause del decesso di Scieri rimane sullo sfondo in questo processo, perché ciò che è decisivo è, in primo luogo, la valutazione del quadro probatorio in ordine alla presenza di Antico nella caserma Gamerra la notte in cui Scieri è scomparso e poi deceduto”.

“Se le prove – aggiungono – non consentono di collocare con la necessaria sicurezza l’imputato quella notte in quei luoghi, la dinamica della caduta della vittima diventa irrilevante”. Per la morte di Scieri sono stati condannati in primo grado gli ex caporali, Alessandro Panella e Luigi Zabara, rispettivamente a 26 e 18 anni, mentre Antico fu assolto dopo avere scelto di essere giudicato con il rito abbreviato. Il sottufficiale ha sempre sostenuto di essere partito in licenza da Pisa il 12 agosto 1999 raggiungendo Lecce intorno alle 22. Di quel viaggio, scrivono tuttavia i giudici, “l’imputato non è riuscito a fornire una documentazione, ma questo non è un dato decisivo perché a distanza di 20 anni era praticamente impossibile” precisando che alla ricostruzione di Antico “non vi è alcuna smentita, eccetto ovviamente le dichiarazioni di Meucci”, considerato dai magistrati della corte d’assise teste chiave nelle accuse contro Panella e Zabara, ma anche Antico. Dalle intercettazioni telefoniche inoltre “si comprende che gli interlocutori cercano riscontri al fatto che il 13 agosto del 1999 l’imputato era arrivato a casa in Puglia per godere la sua licenza, circostanza che nelle conversazioni intercettate appare come un dato veritiero, che gli interlocutori danno per assodato ponendosi solo il problema di riuscire a dimostrarlo”.

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