PALERMO – La vendemmia più lunga d’Italia, mediamente oltre cento giorni, quest’anno è iniziata in Sicilia con un anticipo di dodici giorni. Un record per alcune zone, come nei territori di Menfi, dove già si vendemmia Pinot Grigio e Chardonnay. Un inverno e una primavera caldi, privi di piogge, hanno promosso un precoce germogliamento e di conseguenza un’anticipazione di tutte le fasi fenologiche e fisiologiche della vite. Nonostante le condizioni siccitose, non sono presenti segni di stress idrico e le uve sono perfettamente sane e integre.
I vigneti siciliani, quindi, si presentano in ottimo stato fitosanitario e qualitativo; alcuni vitigni coltivati negli areali dell’isola rivelano una naturale e performante resistenza alle estreme condizioni siccitose. Per l’annata 2024 è stimato un aumento intorno al 10-15% rispetto alla precedente annata ma un calo fisiologico rispetto a una media ottimale. I vitivinicoltori in Sicilia si rivelano capaci di governare la siccità grazie all’utilizzo di portainnesti innovativi e all’uso di prodotti naturali che riparano dagli stress ambientali e dalle ondate di calore. Infine, una corretta gestione del suolo e delle risorse idriche, insieme alla sperimentazione avviata con sensori che monitorano lo stress idrico, consentono l’irrigazione di precisione e l’ottimale uso dell’acqua.
Dopo il via nella Sicilia Occidentale, con la raccolta della base spumante, la vendemmia prosegue con le varietà internazionali come lo Chardonnay e il Sauvignon Blanc, seguite dai vitigni autoctoni. A chiudere questa lunga vendemmia saranno i produttori dell’Etna, a fine ottobre. “La vendemmia siciliana è un momento di grande confronto per i vitivinicoltori dell’isola – commenta Mariangela Cambria, presidente di Assovini Sicilia – Le previsioni per l’annata 2024 parlano di qualità e di uve sane e integre ma anche di tecniche agronomiche e di gestione del suolo che oggi consentono di affrontare meglio la siccità in Sicilia e nei vigneti. Il problema della gestione delle risorse idriche non può essere affrontato in maniera autonoma dai singoli produttori ma occorre una visione politica d’insieme che consenta di attuare in maniera strutturale un piano idrico” conclude Mariangela Cambria