Cosa nostra spa investiva in Brasile in complessi edilizi, ristoranti, società di import export di arance attraverso Giuseppe Calvaruso, 47 anni, top manager delle cosche palermitane, boss del mandamento mafioso di Pagliarelli, che faceva confluire centinaia di migliaia di euro a Giuseppe Bruno, imprenditore bagherese trapiantato a Natal in Brasile, oggi arrestato. La Dda palermitana e il secondo tribunale federale del Rio Grande do Norte nel Paese sudamericano, con la guardia di finanza e la polizia federale brasiliana, hanno sollevato il velo su un mega riciclaggio di denaro sequestrando circa 50 milioni di euro, e beni mobili e immobili riconducibili a 17 persone (tra cui Calvaruso), tutte indagate, e a 12 società operanti nel settore immobiliare, edile e ristorativo.
Nell’operazione denominata Arancio sono state ordinate 21 perquisizioni in Sicilia, Emilia Romagna, Lazio, Toscana e Veneto, Brasile e Svizzera, in abitazioni, sedi societarie e studi professionali. Gli indagati sono accusati a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, riciclaggio e autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, aggravati dalla finalità di aver agevolato importanti famiglie mafiose. L’operazione avrebbe sgominato un sofisticato sistema di riciclaggio al cui vertice ci sarebbe stato Calvaruso, sino al suo arresto nel 2021 quando era tornato a Palermo per trascorrere la Pasqua con la famiglia, poi condannato a 16 anni di carcere.
In Brasile, Paese che piace ai boss delle organizzazioni criminali, basti ricordare che l’avevano eletto come seconda patria don Tano Badalamenti, Tommaso Buscetta, Vincenzo Macrì, secondo le indagini della Gdf, tra gli affari più significativi dell’imprenditore c’era “l’avvio, attraverso le società del gruppo, di un piano di lottizzazione di vastissime aree edificabili a ridosso della costa nordorientale del Brasile. Progettualità che si aggiunge ad altre numerose transazioni in campo immobiliare, in grado di garantire profitti di eccezionale entità”. Secondo la Gdf “sarebbe quantificabile in oltre 500 milioni di euro il valore patrimoniale complessivo nel tempo assunto da tutte le società nell’orbita del sodalizio criminale”.
Calvaruso, dopo aver realizzato alcune lucrose iniziative imprenditoriali in Italia (tra cui un resort in provincia di Trapani) a partire dal 2016, avrebbe spostato il baricentro dei propri interessi principalmente in Brasile, contando, in una prima fase, anche sull’appoggio di un altro imprenditore romano, poi arrestato nel 2019 dalle autorità brasiliane perché ritenuto mandante di un omicidio avvenuto 5 anni prima a Natal. Proprio a quest’ultimo, Calvaruso avrebbe dato soldi presi direttamente dalle casse di Cosa nostra. Gli investigatori ipotizzano un primo maxifinanziamento, per circa 830.000 euro, che sarebbe stato elargito in contanti in due tranche, tra il 2016 e il 2017, grazie a cui l’organizzazione sarebbe entrata a far parte, come socio occulto, in numerose società già presenti nel Paese.