“Ho avuto un raptus improvviso. Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa”. È quanto riferito da Moussa Sangare, il 31enne italiano fermato per l’omicidio di Sharon Verzeni. L’uomo, disoccupato, è nato a Milano e residente a Suisio, pochi chilometri di distanza dal paese dell’omicidio. Il 31enne, immortalato dalle telecamere mentre si allontanava in bici dal luogo dell’omicidio, è originario di una famiglia della Costa d’Avorio ed è stato fermato nella notte dai carabinieri, coordinati dalla Procura di Bergamo, indiziato di essere il presunto omicida.
“Stanotte al termine di serratissime indagini siamo pervenuti a identificare il signore in bicicletta che ha reso prima spontanee dichiarazioni poi, in sede di interrogatorio, ha reso una piena confessione” ha spiegato Maria Cristina Rota, procuratrice aggiunta a Bergamo, nel corso della conferenza stampa. A lungo, infatti, i militari hanno lavorato sulle immagini dei sistemi di videosorveglianza per identificarlo.
Ci sono “gravi indizi di colpevolezza” nei confronti del 31enne fermato. I carabinieri in una nota spiegano che il pm ha deciso il fermo per il rischio di reiterazione del reato e di occultamento delle prove oltre che per il pericolo di fuga. L’uomo, infatti, come affermato da Rota: “È uscito di casa con 4 coltelli e quindi gli è stata contestata la premeditazione: l’obiettivo era evidente, voleva colpire qualcuno”.
“Non c’è nessun movente religioso, né terroristico, non appartiene ad alcun movimento religioso, poteva essere la signora Verzeni o uno di noi che passavamo di lì”, ha aggiunto. “Non c’è stato alcun movente, non si conoscevano e non hanno mai avuto contatti”. “All’identificazione del fermato hanno collaborato due cittadini stranieri che si trovavano su luogo” spiega la procuratrice aggiungendo che il presunto omicida di Sharon Verzeni aveva “delle denunce per maltrattamenti ai danni della madre e della sorella ed era andato a vivere da solo”.
“Approfitto per lanciare un invito a due ragazzini di 15-16 anni nei cui confronti il presunto autore del fatto di sangue, come da lui dichiarato, prima di scegliere e individuare a caso come vittima la signora Verzeni avrebbe puntato il coltello minacciandoli. Erano presenti sulla scena del crimine e a oggi non si sono ancora presentati. Li invito a presentarsi in una caserma affinché forniscano un riscontro a quanto acquisito”, ha aggiunto la procuratrice. “Ha desistito con i due ragazzini per poi incontrare Sharon Verzeni che si trovava nel posto sbagliato nel momento sbagliato”.
“Sarebbe anche un dovere per i due ragazzi minacciati presentarsi alle forze dell’ordine – ha aggiunto la procuratrice Rota -. Se vengo minacciato per strada, posso anche ritenere di non andare a denunciare ma dopo un omicidio di questo genere riteniamo sia un dovere se erano in quell’arco temporale e nello spazio dello stesso paese, visto che potevano dare informazioni utili per ricostruire l’identikit dell’omicida”.
“Né durante le dichiarazioni spontanee né durante l’interrogatorio Moussa Sangare ha mai dimostrato di essere sotto l’effetto di sostanze alcoliche o di droghe” ha detto Rota. L’uomo ha detto di essere “dispiaciuto per quello che ha fatto” e a un certo punto dell’interrogatorio, iniziato ieri e concluso con il fermo alle 4 di questa mattina, “si è liberato del peso del gesto che ha compiuto”, ha aggiunto.
Il 31enne era un abituale frequentatore della piazza di Terno d’Isola, ma la sera che ha ucciso la donna, dopo esser uscito da casa con 4 coltelli, non c’era passato. I due stranieri che erano andati ai carabinieri per fare altre segnalazioni, hanno poi dato indicazioni sul fermato una volta che sono state loro mostrate le immagini. Per identificare Sangare non sono bastate le immagini riprese dalla telecamera mentre era in bicicletta in via Castagnate, dove è accaduto l’omicidio, ma della sua identità si è avuto conferma da altre telecamere.
“A un mese dalla morte di nostra figlia, la notizia di oggi ci solleva perché spazza via anche tutte le speculazioni che sono state fatte sulla vita di Sharon e di Sergio. Ringraziamo i carabinieri e la Procura per la competenza e la tenacia che hanno dimostrato”, ha detto il padre di Sharon Verzeni, Bruno, leggendo un breve comunicato, assieme alla moglie e ai due figli.
“Grazie a coloro che hanno testimoniato e hanno permesso di arrivare ai risultati di oggi. Vogliamo che l’assurda e violenta morte di Sharon non sia vana e provochi in tutti maggiore sensibilità al tema della sicurezza del nostro vivere. Ci affidiamo a Dio per aiutare noi e Sergio a convivere con il nostro dolore e con il pensiero di quello che nostra figlia ha subito”, ha continuato. “Ringraziamo innanzitutto la Procura della Repubblica di Bergamo per la competenza e la tenacia che ha dimostrato – ha concluso -. Inoltre un grazie ai nostri avvocati per i preziosi consigli e per la loro vicinanza”