Marito e figlio scomparsi: “Riaprite le indagini”

Il caso dei Maiorana a Palermo potrebbe essere legato a Messina Denaro

PALERMO – L’ex moglie dell’imprenditore Antonio Maiorana, 47 anni, e madre di Stefano, di 22 anni, scomparsi a Palermo il 3 agosto 2007, Rossella Accardo, chiede la riapertura delle indagini sui familiari scomparsi. Accardo, che per domani alle 10 ha organizzato un sit in in piazza della Memoria davanti al tribunale di Palermo e con Carmine Mancuso (presidente dell’associazione vittime di mafia) e il professore Claudio Burgio (referente del parlamento nazionale della legalità), chiederà d’incontrare il procuratore De Lucia perché ritiene “che il decesso di Matteo Messina Denaro possa aver prodotto nuove piste investigative”.

“Un tempo infinito è trascorso dal fatidico giorno che ha rovinosamente stravolto la mia esistenza e che di lì a poco mi avrebbe privato anche del mio adorato figlio Marco Maiorana – dice Rossella Accardo -. Il silenzio in cui mi sono rifugiata in questi ultimi anni è stato foriero di lunghe meditazioni laddove non è trascorso un solo giorno senza che io mi chiedessi cosa fosse accaduto ai miei cari e perché la ricerca della verità non facesse il suo corso. Da subito ebbi la sensazione che qualcuno/qualcosa rallentasse e condizionasse lo svolgimento delle indagini. Stranizzò un po’ tutti che la relazione finale relativa alla chiusura della prima trance di indagini concludesse con queste parole: “…si verifica altresì la strana coincidenza che il giorno della scomparsa di Stefano ed Antonio Maiorana, il sistema di videosorveglianza posto lungo l’asse autostradale Palermo Aeroporto Falcone-Borsellino fosse non funzionante”.

“Per quanto il mio avvocato Giacomo Frazzitta abbia reiterato ad oltranza la richiesta di conoscere quale ditta avesse la manutenzione dell’impianto nel periodo che ci riguarda, dopo ben 11 anni dall’accaduto veniamo liquidati con una “letterina”, a firma vicequestore Aggiunto M. Giulia Sireci, che ci informa dell’impossibilità da parte degli organi preposti di venire a conoscenza di quanto da noi richiesto perché è trascorso troppo tempo. Un’offesa per chi crede nella ricerca della verità e nella giustizia”. “A mio avviso – conclude – è stata sottovalutata l’attività imprenditoriale che mio marito e mio figlio avevano immaginato di realizzare a Selinunte nel Castelvetranese, territorio dove il boss mafioso latitante viveva indisturbato”.

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