CATANIA – “Sicilia da bollino rosso anche per l’olivicoltura: la mancanza di piogge da oltre un anno, con lunghe e ripetute ondate di calore durante il corso dell’anno hanno influito in tutt’uno nei cicli produttivi delle produzioni agroalimentari isolane: da 50 anni non si ricorda in Sicilia una stagione come questa”. Lo afferma Giosuè Catania, presidente facente funzioni dell’organizzazione di agricoltori Cia Sicilia orientale, nella veste anche di presidente Apo, la cooperativa di olivicoltori operante in Sicilia. Secondo l’Apo, la produzione in Sicilia ha subito un calo del 50-60% circa rispetto alla campagna precedente. Catania è la provincia più penalizzata estesa al basso Ennese con una percentuale pari a meno 80%. Le aree situate alle falde del vulcano Etna sino a un’altitudine che sfiora i 1000 metri mostrano una produzione di poco inferiore al 50%, mentre nelle aree del siracusano e del ragusano la perdita è del 60%, con punte di -40/50 % nelle zone di alta collina e di montagna. In generale, la Sicilia potrebbe attestarsi su una produzione di 16/18 mila tonnellate a fronte delle 35.000 tonnellate della campagna 2023-2024.
“L’aumento delle temperature e la mancanza di precipitazioni hanno creato condizioni di stress idrico per gli olivi, che sacrificano la produzione, soffrono lo scompenso climatico e lo stress idrico e ne mostrano i segni con un evidente squilibrio fisiologico- continua Giosuè Catania – nonostante siano considerate piante che resistono e crescono anche in zone aride, oggi assistiamo a un essiccamento delle chiome dovuta alla mancanza della pur semplice umidità fino a oltre un metro di profondità. Dovremmo ricordare – sottolinea Catania – anche come la situazione sia resa ancora più drammatica dall’assenza di acqua negli invasi le cui condotte, vecchie e colabrodo, in pessimo stato manutentivo disperdono oltre il 50% delle riserve idriche. In un contesto economico profondamente cambiato – conclude Catania – diventa necessario mettere mano ad una strategia di programmazione a medio e a lungo termine che affronti i limiti strutturali di un comparto olivicolo-oleario che rimane uno degli assi portanti dell’economia del nostro Paese”.