PALERMO – Il ragazzo che ha conquistato il mondo partendo dal nulla fa ancora battere i cuori dei palermitani, che domattina gremiranno la cattedrale per i funerali solenni officiati dall’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice. È stata straordinaria la risposta della città per dire addio a Salvatore Schillaci, il Totò delle Notti Magiche. Diligentemente, da questa mattina alle sette, tifosi e appassionati si sono incolonnati, come in pellegrinaggio, per dire una preghiera davanti alla bara di Schillaci, adornata con la maglia numero 19 della nazionale, indossata nel 1990, e con una sciarpa rosanero del Palermo. Quarantotto ore di emozioni intense alla camera ardente, dopo una dozzina di giorni di passione in ospedale, conclusi ieri con una morte forse annunciata, ma che tutti volevano allontanare, a cominciare dall’ex calciatore.
“Voleva vivere – confessa Giovanni Schillaci, fratello di Totò – aveva voglia di vivere. Io speravo che arrivasse questa folla a salutarlo, sta avendo quello che meritava. È commovente vedere questa gente che non conosco piangere per lui, è un orgoglio, nella disgrazia sono felice. Negli ultimi tempi a tutti, specie ai bambini, Totò raccomandava di non mollare mai e credere nei propri sogni”. La famiglia Schillaci, che ieri si era chiusa nel dolore e nel silenzio, oggi non ha potuto fare a meno di ringraziare la gente accorsa numerosa alla camera ardente, nella sala stampa dello stadio comunale. La figlia Jessica, venuta a Palermo, nell’ultimo periodo, da Verona, dove fa l’infermiera, ha testimoniato gli ultimi attimi di lucidità del genitore. “Abbiamo parlato, abbiamo anche scherzato – racconta – finché è stato possibile. Abbiamo ricordato i momenti più belli delle nostre vite che nessuna morte mi potrà togliere”.
Commossa la seconda moglie del bomber palermitano, Barbara, con cui aveva condiviso anche l’avventura del reality Pechino Express. “Siamo felici dell’amore che l’Italia e Palermo stanno tributando a Totò, se lo meritava”, dice. “La mancanza di papà – aggiunge Mattia, figlio di Schillaci e della prima moglie Rita – segnerà le nostre vite. Ci fa piacere che la gente venga a confortarci in questo momento terribile. Papà mi ha insegnato a lottare con le mie forze e a superare gli ostacoli, come aveva fatto lui”.
La fine prematura e una purezza di fondo, l’onestà e una sostanziale ingenuità che molti gli riconoscevano, l’ha reso più che popolare fra la gente. E la risposta si è tradotta in una tempesta di emozioni che si è abbattuta su Palermo e non solo. Molti sono accorsi dalla provincia e anche da altre zone dell’Isola. “L’ho incontrato più di una volta – spiega Giuseppe Orlando, di Misilmeri – era sempre disponibile, non gli ho mai visto rifiutare un saluto, un autografo, una foto. Una persona normale, sebbene fosse un campione eccezionale”. Gli fa eco Sacha Di Maria, allo stadio con i figli: “Ci sono grandi giocatori nei campi di tutto il mondo, ma persone perbene e amate come lui pochissime”.
Più dell’onore delle armi arriva anche da alcuni rivali storici del Palermo. “Siamo tifosi del Catania – raccontano Nino Accordino e Antonio La Malfa, giunti a Palermo dalla provincia etnea – ma Schillaci è un patrimonio di tutti, oltre la fede sportiva”.