PALERMO – Dopo le polemiche politiche sono arrivate la campagna diffamatoria sui social e le lettere intimidatorie. E’ allarme sicurezza per i tre pm palermitani del processo Open Arms Marzia Sabella, Gery Ferrara e Giorgia Righi che, il 14 settembre scorso, hanno chiesto la condanna del ministro Matteo Salvini a 6 anni di carcere per avere illegittimamente vietato lo sbarco a Lampedusa a 147 migranti soccorsi in mare dalla nave della ong spagnola.
Le migliaia di messaggi di insulti e minacce indirizzati ai magistrati hanno spinto la procuratrice generale di Palermo Lia Sava a rivolgersi al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, l’organo competente ad adottare misure di protezione. I tre pm, che il 14 settembre hanno chiesto la condanna del ministro Matteo Salvini a 6 anni per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, preferiscono non commentare, ma al palazzo di giustizia l’atmosfera è tesa.
Insulti sessisti, epiteti volgari e lettere anonime inviate in Procura generale sono solo alcuni degli episodi segnalati dalla pg di Palermo al Comitato. Post e minacce sono state trasmessi anche alla Procura di Caltanissetta, competente a indagare nei procedimenti che coinvolgono i magistrati del capoluogo siciliano. Sabella, Ferrara e Righi stanno valutando se perseguire civilmente e penalmente gli autori dei messaggi. Una deriva preceduta da pesanti critiche rivolte ai pm da parte del centrodestra che ha accusato la Procura di avere imbastito un processo politico.
“C’è un principio chiave non discutibile: tra i diritti umani e la protezione della sovranità dello Stato sono i diritti umani che nel nostro ordinamento, per fortuna democratico, devono prevalere”, avevano detto i magistrati durante la requisitoria sottolineando che, quando Salvini diventò ministro dell’Interno, le decisioni sulla gestione degli sbarchi e del rilascio dei pos vennero spostate dal Dipartimento libertà civili e immigrazione all’ufficio di gabinetto del ministro. “Era il ministro a decidere. Questo è l’elemento chiave”, hanno spiegato.
Ad agosto del 2019 la nave della Open Arms con 147 migranti a bordo rimase 20 giorni ferma davanti a Lampedusa. Furono i magistrati di Agrigento, in seguito a un’ispezione a bordo dell’allora procuratore Luigi Patronaggio, a ordinare lo sbarco d’urgenza dei profughi stremati dal caldo e dalla traversata in mare. Il fascicolo venne trasmesso alla procura di Palermo, ufficio inquirente del capoluogo in cui ha sede il Tribunale dei ministri, competente in quanto si ipotizzarono responsabilità penali dell’allora titolare del Viminale, Salvini.